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Biogas senza incentivi


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non a caso era stato chiuso per un periodo l'impianto c era pure l ordinanza del comune di smaltimento e messa in sicurezza

 

Devono essere contenti quelli che hanno affittato il terreno. Si ritrovano con un terreno rovinato e non più capace di produrre.

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Devono essere contenti quelli che hanno affittato il terreno. Si ritrovano con un terreno rovinato e non più capace di produrre.

 

non so se non sara' piu capace di produrre ma bisogna sempre controllare e se pagano fior di quattrini per accaparrarsi i terreni ci sara' qualche cosa sotto,non ho mai trovato nessuno che regala soldi per strada .In effetti se ne vedono un po' di tutti i colori,bisognerebbe avere il campione carrobotte o spargiletame di cio che viene versato nei nostri terreni perche' l'uomo pur di lucrare ci scarica di tutto avvelenandoci noi stessi.Il biogas l'ho sempre detto puo' essere una soluzione per i liquami per accrescere un reddito aziendale pero' i permessi le concessioni vanno verificate e rilasciate in base alle potenzialita' attuali aziendali come scarico non che si debba acquistare materiale a costi esagerati di gasolio per produrre energia pulita (che poi tanto pulita non e')o ci si immette nelle vasche sottoprodotti/scarti previo lauti compensi alla fine pericolosi per l'uomo e la natura.

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  • 3 anni dopo...

articolo morto interessante!

 

[h=1]Biogas dai reflui: il micro impianto Jolly Cow “copia” le mucche[/h]



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  • Il primo impianto è stato installato in un’azienda agricola in provincia di Udine. Permette una resa fino a due volte superiore rispetto ai tradizionali digestori
     

JollyCow2_light-e1495198143493.jpg

 

(Rinnovabili.it) – Nasce dal genio di due start up italiane il più piccolo biodigestore multifase mai realizzato al mondo. Un impianto di dimensioni micro rispetto a suoi “colleghi”, in grado però di produrre biogas dai reflui zootecnici con una resa “maxi”. A creare Jolly Cow, questo il nome del digestore anaerobico, sono state NRE Research e POOPY3ENERGY, due giovani aziende insediate rispettivamente in AREA Science Park e nel BIC FVG di Trieste. La collaborazione ha portato alla creazione di un impianto ad alta efficienza e allo stesso tempo low cost. Il segreto è nel processo biologico sfruttato per ottenere biogas dai reflui: il sistema mima letteralmente l’apparato digerente dei bovininel quale – spiega AREA Science Park – i villi intestinali rendono disponibile una grandissima superficie di scambio, consentendo di digerire giornalmente una quantità eccezionale di alimenti”.

Nello stesso modo, un letto fisso di batteri anaerobici, ossia in grado di lavorare senza bisogno dell’ossigeno, riproduce quell’estensione superficiale di cui ha bisogno il processo digestivo. I rifiuti organici sono così lavorati ed assorbiti producendo in cambio una biomassa completamente digestata e igienizzata. Il carbonio presente nel prodotto finale, che contiene la maggior parte dell’energia del substrato, viene reso disponibile attraverso un processo di ossidazione anaerobica.

[h=3]>>Leggi anche: Biogas, entro il 2030 fino 8,5mld di m3 per l’Italia

La resa, spiegano i progettisti, arriva a essere fino due volte superiore rispetto quella dei tradizionali; questo permette di utilizzare per il suo funzionamento il 5% dell’energia prodotta. “Altra caratteristica interessante è che l’intero sistema, costruito in azienda, viene successivamente spedito ed assemblato con pochi interventi di posizionamento e connessione, facilitando le operazioni di installazione che richiedono pochi giorni”, si legge nella nota stampa. Inoltre, grazie al sistema di omogeneizzazione, il liquame digerito attraverso il processo di mineralizzazione, oltre ad eliminare gli odori, si riduce in volume, diventando compost. “Per l’allevatore, una minor quantità di residui da smaltire rispetto ad altri processi di degradazione”. Il primo Jolly Cow prodotto commercialmente è stato istallato nell’Azienda Agricola Michele Pecile di Mereto di Tomba (UD).

 

link : http://www.rinnovabili.it/energia/biomassa/biogas-dai-reflui-micro-biodigestore/

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  • 4 mesi dopo...

  • [h=1]Biogas: il primo impianto bi-stadio in Europa è italiano[/h]
     

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  • Il sistema divide la digestione anaerobica in due fasi permettendo così di aumentare la produttività del processo e riducendo nel contempo i tempi di lavoro
     

impianto-e1507631512322.jpg

 

[h=2]Taglio del nastro per primo impianto bi-stadio di digestione anaerobica[/h](Rinnovabili.it) – L’Italia è il secondo mercato europeo per il biogas. Una medaglia d’argento, quella ottenuta, che va spartita non solo tra le tante aziende produttrici ma anche tra le diverse sperimentazioni tecnologiche di questi ultimi anni. Una di queste è quella che ha dato vita a il primo impianto bi-stadio in Europa per la produzione di biometano e idrogeno.

La struttura è stata realizzata a Soliera, in provincia di Modena, dalla start up Biogas Italia. La giovane società ha ottenuto la licenza per impiegare il brevetto depositato da ENEA e da CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) su un nuovo procedimento di digestione della biomassa.

Il sistema in questione divide la digestione anaerobica in due fasi permettendo così di aumentare la produttività del processo, riducendo nel contempo i tempi di lavoro. Nel dettaglio, si ha un primo stadiodurante il quale il substrato organico viene idrolizzato e in cui avviene contemporaneamente la fase acida rilasciando idrogeno, e un secondo stadio dove si verifica la fase metanigena, con la produzione del metano.A questo punto, l’idrogeno può essere utilizzato in loco in impianti a fuel cell, venduto o usato per incrementare il tenore in metano del biogas, facilitandone il successivo processo di upgrading.

>>Leggi anche

Biometano da scarti cucina: alternativa pulita per i trasporti

I risultati in termini di output sono quelli che più convincono L’innovativa tecnologia l’impianto bi-stadio di digestione anaerobica è caratterizzato da una resa del 20 per cento superiore ai biodigestori tradizionali. E grazie ai tempi ridotti di digestione della biomassa, i costi di realizzazione sono più contenuti. Inoltre questo sistema permette di impiegare, senza i problemi di stabilità biologica, biomasse a elevato contenuto di zucchero come il siero di latte, la scotta, la sansa di olive o il pastazzo di agrumi.

«Ancora una volta –
dichiara Piero Gattoni, presidente del
CIB – Consorzio Italiano Biogas
– il settore del biogas/biometano si dimostra in grado di trainare l’innovazione tecnologica, stimolando la ricerca di nuove soluzioni e favorendo l’instaurarsi di collaborazioni proficue tra soggetti pubblici e privati. Il biogas/biometano italiano è 100% Made in Italy perché nasce dai sottoprodotti dell’agricoltura e della zootecnia italiana: è programmabile, flessibile e capace di valorizzare il settore primario. Col giusto supporto del legislatore – conclude il pres. Gattoni – il comparto potrà offrire un contributo importante allo sviluppo del Paese».

 

Link
http://www.rinnovabili.it/energia/biomassa/biogas-impianto-bi-stadio/

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  • 4 mesi dopo...
Sembra molto interessante e soprattutto made in Italy, qualcuno lo conosce?!

http://www.jollycow.it

Ti propongono anche di istallarlo a spese loro...che siano tornati i tempi d'oro?!:AAAAH::cheazz:

 

Ho visto il video giusto qualche giorno fà.

Molto interessante.

Peccato non ci fosse ai tempi d'oro del biogas.....

Sarebbe stato un vero aiuto alla zootecnia.....

 

Oggi dubito fortemente che riesca a dare ricavi interessanti.

 

Ma senza ulteriori dati è molto difficile dare giudizi....

 

Si dovrebbero avere qualche info tecnica (motore che utilizza ecc.) ma sopratutto info a livello economico.

 

Un minimo di bilancio, per vedere costi di entrata e spese.

Perché il biogas oltre al costo di acquisto ha manutenzioni abbastanza costose.

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Ciao Tony, sono contento che mi hai risposto tu, so che hai un allevamento di tori, che hai istallato un bel impianto fotovoltaico ma hai deciso di non fare il biogas ma ti ho visto molto attivo sull' argomento.

Secondo me anche senza i mega incentivi ( 0,28) fino al mega, il biogas ha ancora molta strada da fare in Italia, sicuramente per impianti più misurati e vestiti a misura d azienda.

Innanzitutto i prezzi sono scesi: senza gli incentivi che drogavano mercato, con il forte interesse del mercato e i soldi che sono stati investiti in ricerca sono stati fatti ottimi passa avanti.

Non penso come ai livelli del fotovoltaico dove si è passati dai 3000/4000 ai 1000 euro/kw circa, ma anche nell ambito biogas/biometano ci son stati ottimi risultati in ricerca.

Anche io ho notato che non parlano del motore, però da più parti (e dai video) si notano tutte parti commerciali, molto importante secondo me, così non bisogna dipendere vita natural durante ai loro taglieggiamenti:perfido:

Alla fine per fare fino ai 100 kw penso possano andar benissimo dei super testati motori Iveco a CNG:gluglu:

Modificato da bu$ine$$
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Ciao Tony, sono contento che mi hai risposto tu, so che hai un allevamento di tori, che hai istallato un bel impianto fotovoltaico ma hai deciso di non fare il biogas ma ti ho visto molto attivo sull' argomento.

Secondo me anche senza i mega incentivi ( 0,28) fino al mega, il biogas ha ancora molta strada da fare in Italia, sicuramente per impianti più misurati e vestiti a misura d azienda.

Innanzitutto i prezzi sono scesi: senza gli incentivi che drogavano mercato, con il forte interesse del mercato e i soldi che sono stati investiti in ricerca sono stati fatti ottimi passa avanti.

Non penso come ai livelli del fotovoltaico dove si è passati dai 3000/4000 ai 1000 euro/kw circa, ma anche nell ambito biogas/biometano ci son stati ottimi risultati in ricerca.

Anche io ho notato che non parlano del motore, però da più parti (e dai video) si notano tutte parti commerciali, molto importante secondo me, così non bisogna dipendere vita natural durante ai loro taglieggiamenti:perfido:

Alla fine per fare fino ai 100 kw penso possano andar benissimo dei super testati motori Iveco a CNG:gluglu:

 

Urca sono monitorato....:AAAAH:

 

Se devo dire la verità sono parecchi anni che non seguo più il discorso.

Perchè con incentivi più bassi a mio avviso non era più fattibile.

In molti dicevano il contrario.

MA da noi nessuno ha fatto un impianto solo a reflui con incentivi più bassi.

 

Se ora sono cambiate tecnologie e costi magari è diverso.

 

Però per avere una mezza idea servirebbe qualche numero.

Spesa dell'impianto ricavi ecc.

 

Per la manutenzione su impianti piccoli avevano un peso maggiore che sugli impianti grossi.

Non a caso le ditte su impianti piccoli non facevano i contratti di manutenzione.

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Tranquillo non sono uno stalker, semplicemente mi son letto praticamente tutti i 3d di questa sezione:asd:

Cmq per i 100 kw a solo reflui riconoscono ancora i 233 euro :), se ci aggiungi premi per abbattimento nitrati ecc ecc si torna ai fatidici 280 e gli impianti costano nettamente meno, e con le esperienze di questi anni dovrebbero essere più produttivi e rodati:fiufiu:

Eh anche io vorrei vedere qualche numero, solo nel nord Italia potenzialmente potrebbero esserci un migliaio di allevamenti interessanti e non si trovano info:cheazz:

 

Qua qualche info in più:

[h=1]Inaugurato Jolly Cow, il micro impianto a biogas da reflui zootecnici[/h]

(Filippo Franchetto)

 

Questa nuova tipologia impiantistica promette tempi di digestione estremamente veloci, con una resa energetica fino a due volte superiore rispetto ai tradizionali digestori.

JollyCow.jpgJolly Cow, il cui primo impianto commerciale è stato installato il 19 maggio in un'azienda agricola in provincia di Udine, è frutto dell'attività di ricerca e sviluppo svolta in collaborazione tra NRE Research Srl e POOPY3ENERGY Srl. Si tratta di due start up innovative, insediate rispettivamente in AREA Science Park e nel BIC FVG di Trieste.

 

Jolly Cow, adatto in particolare ai piccoli allevamenti bovini con almeno 50 capi in lattazione, "mima" l'apparato digerente delle mucche grazie alla presenza all'interno dell'impianto di un letto fisso di batteri, in grado di offrire un'ampia superficie di scambio. Questo consente di ottenere un completo assorbimento del materiale organico, producendo una biomassa completamente digestata e igienizzata.

 

Il micro impianto, con potenza installata di 20 kW elettrici e 35 kW termici, rispetto a impianti analoghi presenta rese elettriche e termiche superiori, costi di costruzione inferiori, autoconsumi elettrici ridotti (circa il 5% dell'energia prodotta) e costi di manutenzione contenuti.

 

Altra caratteristica interessante è che l'intero sistema, costruito in azienda, viene successivamente spedito ed assemblato con pochi interventi di posizionamento e connessione, facilitando le operazioni di installazione che richiedono pochi giorni.

http://www.nextville.it/news/2849

Modificato da bu$ine$$
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Come detto è da tempo che non ci guardo più.

Ai tempi per il liquame il costo era molto elevato, anche perchè avendo poco gas servivano fermentatori molto grossi.

Questo causava un costo iniziale di acquisto molto elevato.

 

Oggi non so come funzioni.

L'articolo l'ho visto.

Mi sembra che i due digestori non siano grandi.

Forse però il liquame con questa tecnologia viene degradato in minor tempo.

 

Per saperlo servirebbe un idea sul costo di un impianto simile.

E di un minimo di spese di manutenzione e di gestione.

Che non sono solo di manodopera, ma pure burocratiche che ad oggi si deve pensare pure a queste.

Da li poi ci si rende conto se ci sono margini....

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Si l'impianto si vede ad occhio che è piccolo , infatti ho letto nel pdf che bastano 60 mq:clapclap:pochissimi...

Dai magari qualcuno del forum ha più info di noi...:) o magari qualche agronomo...se no chiediamo a dj di organizzare una visita:fiufiu:

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http://www.fierezootecnichecr.it/wp-content/uploads/sites/7/2013/06/Biolectric-Italia-Fiera-del-Bovino-2016-v05.pdf

 

Qui ci sono molti dati interessanti.

Supponendo che siano tutti veri.....

 

Si nota che per fare 44 kw servono 250/300 vacche in lattazione.

 

Il costo dell'impianto è di circa 310 k.

 

Da li poi servono vasche di stoccaggio molto importanti.

Che nel mio caso non avrei perchè quelle dove ho il bestiame non servirebbero più per accumulo.

Poi se deve capire l'impianto a livello dei cavi Enel e acqua calda cosa comporta.

 

Messo cosi un impianto da 44 kw darebbe 60k anno di utile tolto manutenzione.

Modificato da tonytorri
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Ottimo link Tony!! Mi sembra che sia un impianto "vecchio stile" da notare il costo nettamente inferiore rispetto agli anni d oro (metà circa) e la conferma che si prendono i 230 , io avrei segnalato la possibilità di superare i 280 con i premi!

È anche dimostrato che i biogas fatti bene sono ancora fattibili , ovviamente non più per banche e finanzieri.

Tu Tony hai visitato qualche impianto di questi o li hai trovati in rete?

I conti a parer mio sono congrui, tenendo un 10% di margine ha cmq un ottimo rendimento sul 44 kw

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No impianti simili non li ho visti.

Come detto avevo abbandonato il discorso perchè mi dava l'idea che non fosse più fattibile.

 

Il pdf che ho messo è interessante.

La cosa che mi fa pensare però è il numero di capi necessari .

Sul sito della jolly Cow si parla di 50 vacche in lattazione per 20 kw.

Su questo si parla di 120/150....

Ora supponiamo pure che la tecnica della Jolly renda di più.

Ma passare differenze di oltre il 50% mi sembra tanto.

Già questo valore mi fa pensare.

Che ad oggi non si riesca ancora quantificare il gas prodotto dai bovini....

 

Altro aspetto importante, è il costo e la morfologia delle varie aziende.

Mentre i biogas nati da 0 erano basati su precisi progetti che andavano ad ottimizzare il max il risparmio.

NElle aziende zootecniche esistenti ci sono molti limiti.

Partendo dalla posizione delle vasche.

In genere le vasche sono dietro le stalle molto lontane dalla strada e dalla abitazione.

Dunque la linea delle forniture elettricità/acqua calda costerà parecchio.

Nel mio caso poi dovrei sostenere il costo di un secondo vascone per lo stoccaggio.

Costo non indifferente.

Però io non ho il problema dell'acqua piovana (o molo poco) che ha vacche da latte ha pure questo problema.

 

Insomma ci sono variabili abbastanza importanti.

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Può essere che con 50 capi in lattazione intendano i 100 capi che mediamente si hanno in azienda per averne 50 da mungere?

Si cmq da come dicono il jolly cow ha un sistema brevettato e produce di più con un sistema più piccolo perché sfrutta in modo diverso il liquame... O almeno così dicono:fiufiu:

Eh bhe Tony la conformazione dell azienda va' vista caso per caso, sicuramente una percentuale bassa di aziende son già predisposte..

Certo che se anche non fossero i 5/6 anni dichiarati del rientro ma anche 8/9 sarebbe un ottimo investimento, anche in ottica della gestione dei reflui e recupero calore...

Vara ha un 250 kw a soli reflui e non è il suo primo impianto, mi pare, magari legge la conversazione e ci dice le sue esperienze..:clapclap:

Tra l'altro lui lo fa con liquame suino che è molto più liquido:asd:

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In entrambi i casi viene dichiarato capi in lattazione.....

NEl secondo caso vedi le vasche necessarie per lo stoccaggio.

Li hai una idea delle dimensioni dell'impianto....

 

L'impianto della Jolly dichiara un +5%

E' già qualcosa.

MA non di certo da giustificare una differenza simile.

Booo.....

 

Mi sà che se si è interessati serve un preventivo fatto a dovere con un bussines plan fatto per bene....

Già una cosa positiva è vedere la manutenzione fissata a un costo.

Quando chiesi io non la davano su impianti piccoli.

E la cosa non mi piaceva per nulla.

Per gli anni di rientro.

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Probabilmente Tony prima come dicevi tu snobbavano sia gli impianti piccoli che quelli a solo reflui avendo il pienone di gente che voleva fare i mega a trinciato, ora portano a casa tutto e cercano di sviluppare quelli dove c è ancora margine, quindi piccoli e solo a reflui.

Stessa cosa per quanto riguarda l assistenza, in più ora avendo molta esperienza su impianti in funzione da anni, hanno idea delle ore di fermo, del usura dei componenti e del relativo costo...ma è ovvio che sia cosi...è parte del famoso know how che amano tanto sbandierare ai 4 venti.

Da sottolineare che tutti e due gli impianti di cui abbiamo parlato sopra hanno molti componenti commerciali, il che ne abbassa notevolmente il prezzo:gluglu:

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  • 2 settimane dopo...

[h=2]Erg - Falck Renewable - Iniziative Bresciane - Utilities sector - Rinnovabili: decreto sui nuovi incentivi 2018-2020. Consentiti ulteriori 6300 MW di capacità. Positivo per Erg, Fkr, Inbre e Alerion[/h]13/03/2018 11:40 EQ

A sostegno della nostra view positiva sul settore delle rinnovabili, il governo ha anticipato la prima bozza del nuovo decreto sugli incentivi per il periodo 2018-2020. Indicati nella bozza:

- Meccanismi simili al sistema già in vigore con `registri` per gli impianti sotto 1 MW e procedure ad aste competitive al ribasso per gli impianti di taglia superiore

- Su impianti >1 mw prevista incentivazione per 4800 MW di Eolico e Solare; 245mw per Idroelettrico e Biogas; 490 MW per rifacimenti di impianti esistenti

- Su impianti

- Sull`eolico e solare previste tariffe a partire da 70 €MWh con aste al ribasso (ultime aste aggiudicate a 66 €/MWh per il wind)

- Sull`idroelettrico previsti incentivi a registro tra 90 e 110 €/MWh

- Prevista la formulazione dei criteri per creare una piattaforma di negoziazione energia di lungo termine (PPA)

Notizia positiva per il settore e prima risposta regolatoria agli obblighi comunitari di formazione di un framework entro il giugno 2019. Si da quindi visibilità alla crescita renewables in Italia per i prossimi 2 anni e sia avvia finalmente la possibilità di chiudere contratti di vendita energia di lungo termine (PPA) su una piattaforma dedicata. Ulteriori indicazioni sono attese per il periodo post 2020.

Ribadiamo view positiva sul segmento, si aprono potenzialità di investimento aggiuntivo per i titoli del settore che dovrà raddoppiare le sue dimensioni nei prossimi 10 anni.

Notizia positiva in particolare per Erg (ERG.MI) , FALCK RENEWABLES, INBRE ed ALERION.


Titoli correlati a questa news: FALCK RENEWABLES FKR.MI (News, Quotazione), ERG ERG.MI (News, Quotazione), INBRE IB.MI (News, Quotazione),


 

 

Vediamo quando esce il definitivo

:fiufiu:

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http://www.repubblica.it/economia/2018/03/14/news/snam_punta_dritto_sul_biometano-191273719/?ref=RHPPBT-VE-I0-C6-P11-S3.2-T1

 

[h=1]Snam punta dritto sul biometano[/h]Nell'aggiornamento del piano industriale al 2021 la società prevede un aumento della produzione, forte anche di 4,7 miliardi di incentivi al settore di parte di Bruxelles

dal nostro inviato LUCA PAGNI

 

 

14 Marzo 2018

 

19

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LONDRA - All'apparenza, potrebbe sembrare che ormai basti piazzare il suffisso bio davanti a qualsiasi parola per creare un business. Nel caso del biometano, però, i soldi ci sono veramente: almeno 4,7 miliardi di incentivi da parte di Bruxelles per il 2018, per favorire la crescita di un settore, in cui si incrociano più interessi industriali. Quello della filiera agricola, innanzitutto, con migliaia di imprese che sono riuscite a sopravvivere al calo dei prezzi delle derrate realizzando impianti per la conversione degli scarti in biogas, per poi allacciarsi alla rete nazionale.

 

Ma anche quello di utility come Snam: nella revisione del piano industriale al 2021 appena presentato a Londra, la società controllata da Cassa Depositi Prestiti ha molto insistito su questo punto. In particolare, il biometano può diventare una risorsa per il nostro paese per due motivi: può supplire al calo della produzione di gas naturale dai giacimenti presenti sul nostro paese (a causa delle riserve che vengono meno, ma soprattutto per il calo degli investimenti nella ricerca di idrocarburi), dall'altra parte può contribuire allo sviluppo del mercato della distrubuzione di gas per autotrazione.

 

Secondo i dati forniti da Snam a Londra "l'attuale produzione nazionale di biometano è gia equivalente a quanto necessario per ricavare circa 3 miliardi di metri cubi all'anno". Non è poco, se si considera che negli anni pre-crisi, il fabbisogno nazionale di gas è arrivato fino agli 80 miliardi di metri cubi all'anno e ora si aggira attorno ai 65 miliardi. La produzione viene vista in crescita, tenendo conto che a tutt'oggi Snam - che gestisce la rete nazionale di distribuzione - ha già ricevuto 500 domande di allacciamenti da parte di imprese agricole che immettono nei gasdotti la loro produzione di biometano. Tra l'altro, il governo ha provveduto a tutelare la filiera, approvando regole che comportano incontri bilaterali con gli altri paesi. In pratica, le importazioni da altri paesi saranno consentite solo in condizioni di reciprocità: per ogni quantitativo importato, un uguale quantitativo dovra' attraversare il confine in uscita.

 

Un business - come si vede - che non è peculiare del nostro paese, ma su cui sta investendo tutta la filiera agricola dell'Unione Europea. Secondo un recente studio di Ecofys, società di consulenza del settore energia, nel continente c'è un potenziale di 122 miliardi di metri cubi all'anno di biometano (ma anche di idrogeno rinnovabile) che potrebbe contribuire non solo alla decarbonizzazione dell'Europa, ma anche a far risparmiare fino a 140 miliardi di euro da qui al 2025.

Si fa presto a capire il perché: con la chiusura dei primi impianti nucleari e l'uscita di scena delle centrali a carbone, la Ue avrà bisogno nei prossimi anni di maggiori quantità di gas per la produzione di energia, visto che i grandi giacimenti nel Mare del Nord sono in via di esaurimento. In realtà, ne ha già bisogno, visto che dal 2014 il fabbisogno del'Europa è cresciuto del 30 per cento.

 

Se questo è il quadro generale del biometano, Snam non vuole solo essere un veicolo per la sua diffusione attraverso la rete, ma ha deciso di entrare direttamente nel business: anche il gruppo guidato da Marco Alverà diventerà produttore di biometano, sia acquistando società che già se ne occupano, sia costruendo impianti "greenfield". Confermando che la società non vuole solo essere un gestore di gasdotti ma anche un soggetto che riesce a determinare le politiche energetiche, in Italia come un Europa.

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  • 2 mesi dopo...

Il matrimonio italiano tra biogas e agricoltura sostenibile

 

(Rinnovabili.it) – Oggi è possibile rendere l’agricoltura sostenibile e il biogas due elementi co-dipendenti l’uno dall’altro. Come? Attraverso il concetto di biogasdoneright o “biogas fatto bene”. L’idea è quella di assegnare un ruolo primario alla digestione anaerobica all’interno delle attività delle aziende agricole e trasformare quest’ultime da produttori di emissioni climalteranti ad armi climatiche proattive. E come dimostrano le realtà associate al Consorzio Italiano Biogas (CIB), i benefici ottenibili vanno oltre la mera riduzione delle emissioni. Il consorzio promuove ormai da anni il Biogasfattobene® come modello sostenibile e concreto per la produzione di alimenti, foraggi ed energia: un “tutto compreso” che permette di ottenere vantaggi anche in termini di resa produttiva, con risparmi su acqua, carburanti e fertilizzanti.

 

 

 

E il sistema oggi fa scuola anche in Germania, uno dei più grandi mercati al mondo per il biogas assieme a Italia e Cina. Oggi, in occasione del simposio internazionale “Soil organic matter management in agriculture Assessing the potential of the 4per1000 initiative” sulla gestione della sostanza organica nei suoli agricoli, a Braunschweig, il CIB ha presentato il caso della società agricola Palazzetto di Grumello Cremonese (CR). La storia “energetica” della Palazzetto inizia nel 2009 con l’introduzione dei doppi raccolti, l’installazione di un biodigestore e il conseguente utilizzo del digestato con fertilizzante naturale. In questi anni l’azienda ha sensibilmente aumentato la produzione di mais da foraggio, che è passato dalle 65 tonnellate per ettaro di solo mais a oltre 100 tonnellate per ettaro in doppio raccolto, arrivando a coprire più del 70 per cento degli oltre 250 ettari di terreno per tutto l’anno. “I doppi raccolti, non sottraggono spazio al food indipendentemente dalla loro tipologia e dal loro contenuto amidaceo, – spiega Piero Gattoni, presidente CIB – poiché si tratta di raccolti aggiuntivi che permettono di accrescere le produzioni agrarie in modo sostenibile per rispondere ai nuovi mercati della bioeconomia”.

 

 

 

>>Leggi anche Biogas: il primo impianto bi-stadio in Europa è italiano

 

 

 

Impiegare il digestato contribuisce a sostenere lo svuluppo di un agricoltura sostenibile migliorando la fertilità del suolo: si favorisce lo stoccaggio del carbonio organico mentre si taglia l’apporto di chimica nei campi (antiparassitari e diserbanti). Per la Palazzetto è stato rilevato un incremento del carbonio organico nel suolo compreso tra 0,5 e 1 tonnellata per ettaro, pari a 4 tonnellate di emissioni di CO2 evitate. Queste pratiche, unite a tecniche di agricoltura di precisione e semina su sodo o con minima lavorazione, hanno comportato un aumento del 49% della resa produttiva per ettaro, permettendo di ridurre del 16 per cento i consumi di carburante per le macchine agricole e del 20 per cento l’acqua per l’irrigazione.

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