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Centrali a biomassa...con Eucalyptus!!!


Luca88SD

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Salve a tutti, visto che ci sono scrivo qualcosina su un progetto che da 4 anni ha preso piede in Sardegna.

 

Il gruppo Eridania (zucchero) ha convertito in Sardegna un ex stabilimento per la lavorazione dello zucchero, quindi uno zuccherificio, in centrale a biomassa.

 

Visto che il nostro vivaio è tra i più specializzati nella regione per la produzione di Eucalyptus si sono rivolti a noi per la fornitura di queste piante in alcune varietà, sia per campi sperimentali che comunque vengono usati e sia per campi definitivi.

 

Ora vi spiego in cosa consiste, praticamente si fa un impianto di Eucalyptus con distanze lineari di 1mt X 1mt mentre tra le file si lasciano i classici 3mt come negli impianti 3X3 per facilitarne la lavorazione.

 

Queste piante al 3° anno vanno tagliate con degli appositi macchinari, poi portate nella termocentrale che le brucia e quindi tutto il susseguirsi per produrre energia.

 

Io sinceramente non ci vedo troppo di "bio" in questo, stiamo sostituendo il carbone al legname fresco, certo forse si inquina un pò meno, ma vedi le spese esagerate in tutto.

 

Anche da voi si trovano queste centrale chiamate a "biomassa" con questo sistema?

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La stanno utilizzando ma non completamente da quanto ho capito, hanno effettuato anche dei tagli di legna dopo i 3 anni in 2 campi sperimentali e ne hanno acquistata altra altrove. Il problema e che non trovano campi da "impegnare" poichè è una cosa invasiva e molti non si giocano i terreni così ma è possibile che solo da noi ci siano queste cose :nutkick:

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  • 4 settimane dopo...
Salve a tutti, visto che ci sono scrivo qualcosina su un progetto che da 4 anni ha preso piede in Sardegna.

 

Il gruppo Eridania (zucchero) ha convertito in Sardegna un ex stabilimento per la lavorazione dello zucchero, quindi uno zuccherificio, in centrale a biomassa.

 

Visto che il nostro vivaio è tra i più specializzati nella regione per la produzione di Eucalyptus si sono rivolti a noi per la fornitura di queste piante in alcune varietà, sia per campi sperimentali che comunque vengono usati e sia per campi definitivi.

 

Ora vi spiego in cosa consiste, praticamente si fa un impianto di Eucalyptus con distanze lineari di 1mt X 1mt mentre tra le file si lasciano i classici 3mt come negli impianti 3X3 per facilitarne la lavorazione.

 

Queste piante al 3° anno vanno tagliate con degli appositi macchinari, poi portate nella termocentrale che le brucia e quindi tutto il susseguirsi per produrre energia.

 

Io sinceramente non ci vedo troppo di "bio" in questo, stiamo sostituendo il carbone al legname fresco, certo forse si inquina un pò meno, ma vedi le spese esagerate in tutto.

 

Anche da voi si trovano queste centrale chiamate a "biomassa" con questo sistema?

Sì biomassa è il modo naturale per produrre energia, ma ancora l'efficienza è troppo bassa che aumenta costo .. spero che ci sia qualche soluzione ..

Modificato da JeffreyCauley
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  • 10 mesi dopo...
Lo spero anche io, perchè mi piange il cuore vedere che si fanno 1000 cose senza pensare veramente. Purtroppo questi sprechi sono una spina nel fianco dell'economia Italiana e non solo...

 

secondo me nn è una cattiva idea bruciare legname per produrre energia

sempre meglio di coltivare mais per il biogas

 

tutto ruota attorno agli incentivi che da lo stato , certificati verdi ecc

in molti paesi ci si prende cura dei boschi e con la legna tagliata si produce energia

credo che in sardegna si possa fare lo stesso

 

 

trovo MOLTO più scandaloso dare incentivi alla saras per bruciare i residui del petrolio

che inquinano molto più del legname cippato ,

nonostante tutti i sistemi che hanno adottato per l'abbattimento degli inquinanti

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Non è un'attività inquinante in quanto l'anidride carbonica immessa nell'atmosfera bruciando le piante è la stessa che che le stesse hanno assorbito dall'atmosfera durante la loro vita, è il ciclo dell'anidride carbonica. Mentre con gli idrocarburi noi immettiamo in atmosfera anidride carbonica che prima stava parecchi metri sotto terra.

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Vedremo come vanno le cose ma per ora hanno rallentato il passo, non trovano terreni e legna per loro adatta, ma oltre al fumo della centrale cè anche l'inquinamento dei mezzi che usano per tagliare e trasportare, si fanno viaggi con l'articolato per 150km e passa, ma quanto dura un'articolato di legno per una centrale?? poco!

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  • 8 anni dopo...

Non lo però da me vedevo correre camion verso l'impianto di san michele che brucia un pò di tutto. Tra l'altro avevano una guida , diciamo un pò troppo disinvolta, e abbiamo pure discusso se per correre così il prezzo dovesse essere troppo buono o troppo scarso...

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1 ora fa, superbilly1973 ha scritto:

Non lo però da me vedevo correre camion verso l'impianto di san michele che brucia un pò di tutto. Tra l'altro avevano una guida , diciamo un pò troppo disinvolta, e abbiamo pure discusso se per correre così il prezzo dovesse essere troppo buono o troppo scarso...

Che prezzo sai aziende che fanno questo tipo di lavoro 

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  • 2 mesi dopo...

Maxi truffa allo Stato con le rinnovabili, la procura di Pavia sequestra 143 milioni di euro

Perquisizioni in diverse regioni. Nelle indagini risulta coinvolta la centrale a biomassa Biolevano

MONICA SERRRA

Modificato il: 27 Gennaio 2021

2 minuti di lettura

 

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MILANO. Dietro la maxi truffa di 143 milioni di euro con la centrale a biomasse Biolevano in Lomellina ci sarebbe Pier Pietro Franco Tali, ex amministratore delegato di Saipem. È lui, per gli investigatori, l' "amministratore di fatto" della società, e “il deus ex machina della vicenda”. Pur non avendo attualmente “alcun rapporto formale” né rivestendo “alcun formale incarico societario”, Tali è considerato dagli investigatori “il maggior azionista occulto di Biolevano”.

Così viene definito nelle 120 pagine di ordinanza che questa mattina hanno portato all'arresto ai domiciliari di sei persone (tra cui lo stesso Tali) e a cinque obblighi di firma. Oltre che al sequestro di 143 milioni di euro (oltre un centinaio sono già stati trovati dalla Guardia di finanza di Pavia e dai carabinieri della sezione di pg, tra rapporti bancari, quote societarie, mezzi, terreni e ville a Milano, Lecco e a Portobello di Gallura in Sardegna, oltre all'intera centrale che vale 70 milioni di euro).

Per il pm Paolo Mazza, e l’aggiunto Mario Venditti, che accusano gli indagati di associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato e false fatturazioni, il meccanismo dell'organizzazione era basato su una falsa documentazione che attestava come gli scarti di legno usati per alimentare la centrale e produrre energia provenissero da una filiera “breve” (entro 70 chilometri dall'impianto), che consentiva ai vertici della società di ottenere il massimo dell'incentivo. In realtà, il materiale proveniva da altre regioni (Trentino - Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna, Lazio) e dall’estero.

Tutto nasce quando, nel 2011, per aderire al protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici e per rispettare gli impegni assunti dall'Italia a livello internazionale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono stati introdotti specifici incentivi economici per l’uso di energia da fonti rinnovabili, tra cui, le biomasse legnose. La legge, però, subordina l’ottenimento degli incentivi all’utilizzo di legname “proveniente da un razionale e corretto sfruttamento dei boschi che assicuri di preservare il loro naturale ciclo vitale” e impone rigide regole sulla provenienza e la tracciabilità delle biomasse bruciate. Cosa che nella centrale pavese, per l’accusa, non veniva assolutamente rispettata, anzi.

Per capire le dimensioni della vicenda basti pensare che, secondo la ricostruzione accusatoria, per ogni milione di euro di energia venduta Biolevano arrivava a percepire dal Gestore dei servizi elettrici (Gse) oltre 3 milioni di euro di contributi (il massimo degli incentivi possibili), grazie all’accordo siglato nel 2012 con il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali con cui la società si era impegnata a utilizzare esclusivamente legname tracciato, certificato e proveniente da zone limitrofe all’impianto, distanti al massimo 70 chilometri. Invece, attraverso una fitta rete di complici, e usando bolle e documenti falsi, il legname veniva acquistato ovunque, in Italia e all’estero, ma sempre al minor prezzo possibile.

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