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Il titolo è la famosa canzone di Renato Zero, ma con la quale ha ben poco da spartire, questo argomento riguarda la tessitura del terreno la quale per essere classificata viene utilizzato il triangolo della tessitura.

 

Spesso tra agricoltori, contoterzisti, quando si parla sempre di terreno, lavorazioni ecc se ne sentono di tutti i colori: "tu hai solo terretta, la vera terra dura ce l'ho io", "quando è secca la mia terra è come il cemento armato". In poche parole i soliti discorsi cellopiullunghistici....

 

L'agronomia non è una Scienza esatta (come può essere la fisica o la matematica), in quanto soprattutto nelle colture le variabili sono talmente tante che ogni anno è diverso dall'altro, ma una delle poche cose sicure e costanti nel tempo è sicuramente la tessitura del terreno. E su questa c'è poco da discutere, una volta fatte le analisi quella è ed almeno per la breve vita dell'uomo quella rimane, mentre per quanto riguarda il contenuto di elementi nutritivi, e sostanza organica nell'arco della vita di un uomo in base a come viene gestito quel terreno tali parametri possono avere una variabilità apprezzabile ma non certo la tessitura.

 

CHE COSA E' LA TESSITURA DEL TERRENO?

 

Col termine di tessitura, altrimenti detta granulometria, indichiamo la ripartizione percentuale delle particelle che compongono il terreno, suddivise per categorie convenzionali di grossezza. Le dimensioni delle particelle (oltre che la loro composizione chimica) influenzano molte delle proprietà del terreno ed i fenomeni che in esso si svolgono.

 

Questa proprietà è importante per lo studio dei suoli e del terreno in quanto ne condiziona sensibilmente le proprietà fisico-meccaniche e chimiche con riflessi sulla dinamica dell'acqua e dell'aria e sulla tecnica agronomica.

 

Classi dimensionali delle particelle

 

A prescindere dai diversi schemi di classificazione, le frazioni granulometriche del terreno si distinguono in grossolana (sabbia e scheletro), fine (limo) e finissima (argilla); sabbia, limo e argilla costituiscono la cosiddetta terra fine.

 

Esistono delle leggere differenze nella definizione dei limiti delle classi diametriche delle particelle componenti la terra fine in un suolo: secondo la distinzione del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, maggiormente utilizzata al mondo, le classi diametriche della terra fine sono:

 

  • argilla, con diametro minore di 2 micron;
  • limo, diametro compreso fra 2 e 50 micron;
  • sabbia, fra 50 micron e 2 mm. Questa classe viene suddivisa in sottoclassi:
  • sabbia molto fine, fra 50 e 100 micron;
  • sabbia fine, fra i 100 e i 250 micron;
  • sabbia media, fra 250 e 500 micron;
  • sabbia grossa, fra 500 micron e 1 mm;
  • sabbia molto grossa, da 1 a 2 mm.

 

La variazione della suddivisione percentuale di queste particelle fa sì che il terreno assuma diverse caratteristiche, per cui avremo:

 

Terreni a scheletro prevalente

 

La frazione scheletrica (costituita da pietre, ciottoli e ghiaia) è presente in percentuali superiori al 40% del peso. Sono caratterizzati da buona permeabilità e forte aerazione, scarsa presenza di humus e debole capacità di trattenere l’acqua, difficile lavorazione. La loro fertilità naturale è scarsa, poiché lo scheletro è un substrato inerte e non è in grado di influenzare direttamente i processi di assorbimento della sostanze nutritive e di trattenuta dell’acqua.

 

Terreni sabbiosi

 

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La frazione sabbiosa (costituita da piccoli frammenti di roccia) è presente in percentuali superiori al 50-60% del peso. Anche la sabbia, come lo scheletro, partecipa in maniera assai ridotta alle attività chimiche del terreno. I terreni sabbiosi sono caratterizzati da elevata macroporosità, scarsa capacità di trattenuta idrica, elevata sofficità ed arieggiamento, che favoriscono una rapida mineralizzazione della sostanza organica ed un dilavamento delle sostanze nutritive (in particolare l’azoto), con relativa povertà del suolo.

 

Terreni limosi

 

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Hanno la frazione limosa (silicati derivanti dalla alterazione della roccia madre, calcare precipitato, frammenti si sostanza organica, particella sabbiose molto fini) che costituisce il 60-80% della terra fine.

 

Le particelle limose sono intermedie tra quelle sabbiose e quelle argillose, ma non hanno la tendenza di queste ultime a flocculare, cioè a riunirsi in grumi di varia grandezza, per cui i terreni limosi hanno quasi sempre una struttura assai sfavorevole. Essi sono poveri di elementi nutritivi, di difficile lavorazione, formano una crosta superficiale e zolle molto dure e compatte, di difficile rottura. Sono scarsamente permeabili e favoriscono il ristagno idrico.

 

Terreni argillosi

 

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Sono costituiti in prevalenza per oltre il 40% dalla frazione argillosa, le cui particelle (argille vere e proprie, quali i silicati idrati di alluminio e magnesio, ma anche silice, idrati di ferro e di alluminio, humus) liberano ioni idrogeno caricandosi elettronegativamente ed hanno caratteristiche colloidali e quindi la capacità di circondarsi di uno strato di molecole d’acqua e di flocculare allorchè vengono a contatto con ioni di segno positivo, in particolare calcio e magnesio.

 

Tale processo di flocculazione (o coagulazione) è estremamente importante per la formazione dei grumi nel terreno e per la trattenuta degli elementi nutritivi nel terreno. I terreni argillosi sono ricchi di elementi nutritivi ma di difficile lavorazione, tenaci (offrono resistenza alla penetrazione degli attrezzi) e crepacciabili (essiccandosi si contraggono con fessurazioni nella massa). Se lavorati nel modo corretto sono molto fertili.

 

Tessitura del terreno: la classificazione

 

La classificazione più comune è quella messa a punto dal Soil Survey degli Stati Uniti. Essa distingue i terreni in 12 classi e ciascun raggruppamento prende il nome dall'elemento dimensionale più rappresentato seguito dal secondo in classifica (per es. argilloso tendente al limoso) o dalla sua caratteristica di lavorabilità seguita dall'elemento dimensionale più rappresentato (per es. medio impasto tendente all'argilloso). Conoscendo l'analisi della granulometria si può classificare il terreno utilizzando il triangolo della tessitura ed operando come indicato.

Una classificazione più ridotta nel numero delle classi, che sono solo sei, è piuttosto seguita in molti laboratori di analisi.

 

Due classi sono identificate dall'elemento dimensionale presente in maggioranza: la classe dei terreni « argillosi » e quella dei «terreni sabbiosi». La prima può essere identificata con quella dei terreni argillosi della classificazione precedente mentre la seconda comprende le due classi dei terreni «sabbiosi tendenti al medio impasto» e dei terreni «di medio impasto tendenti al sabbioso».

 

La proporzione relativa delle singole frazioni dimensionali determina la classe tessiturale del suolo in questione; sempre secondo l'USDA, queste sono 12, sotto elencate dalla più grossolana alla più fine:

 

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  • Sabbiosa
  • Sabbioso franca
  • Limosa
  • Franco sabbiosa
  • Franca
  • Franco limosa
  • Franco sabbiosa argillosa
  • Franco argillosa
  • Franco limosa argillosa
  • Argilloso sabbiosa
  • Argilloso limosa
  • Argillosa

 

I terreni con tessitura più equilibrata sono quelli cosiddetti franchi o di medio impasto, contenenti cioè una percentuale di sabbia (dal 35 al 55%) tale da permettere una buona circolazione idrica, una sufficiente ossigenazione ed una facile penetrazione delle radici; una percentuale di argilla (dal 10 al 25%) tale da mantenere un sufficiente grado di umidità nei periodi asciutti, di permettere la strutturazione e di trattenere i nutrienti; una frazione trascurabile di scheletro.

 

Nei terreni di medio impasto il limo risulta presente in percentuali che vanno dal 25 al 45%, meno ce n'è e più il terreno risulta di qualità.

 

Esiste una classe di terreni «franchi» in cui il contenuto in argilla varia tra il 5 ed il 27% e in sabbia tra il 25 ed il 50%. Sono quelli identificabili, come caratteristiche, alla classe dei veri «medio impasto». Tutti i terreni che hanno un maggior contenuto di argilla sono detti «franco argillosi », quelli in cui più elevata è la sabbia « franco sabbiosi», quelli in cui più alto è il limo «franco limosi».

 

Come si usa il triangolo della tessitura?

 

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Dall'analisi della granulometria rilevare la percentuale di argilla del terreno e tracciare una linea parallela alla base del triangolo. Rilevare poi la percentuale di limo e tracciare una linea parallela al cateto dove è rappresentata l'argilla. Nel punto d'incontro si identifica il tipo di terreno. Es.: terreno con 50% di argilla, 30% di limo, 20% di sabbia = terreno argilloso.

 

Ora che abbiamo chiarito cos'è la tessitura e come si classificano i terreni, arriviamo a chiarire una discussione che va avanti da tempo durante i vari incontri tra gli utenti di Tractorum, soprattutto tra Pisani, Ravennati e Bolognesi.

 

Jd Fan sostiene che nell'area del Ravennate ci sia in prevalenza terreno argilloso e che sia molto duro da lavorare, inoltre si sostiene che un terreno con il 30 % di argilla si possa già definire argilloso, mentre abbiamo visto precedentemente che un terreno per potersi definire argilloso deve avere un contenuto di argilla superiore al 40 %, a meno che non si voglia persino contraddire la classificazione internazionale USDA accettata ormai in tutto il mondo.

 

A queste affermazioni vengono sempre aggiunte anche commenti sul terreno della nostra azienda il quale viene definito terretta.

 

Preciso che non ho mai nascosto che non è certo tenace, in quanto la granulometria media del nostro terreno è pari a 20-25 % di argilla, 45-50 % limo e il resto sabbia, se andiamo a guardare il triangolo della tessitura è considerato un terreno franco e cioè medio impasto, tale terreno è definito dai Ravennati Terretta, e posso anche essere concorde, infatti non mi lamento di avere terreno duro da lavorare compreso anche d'estate.

 

Da ormai 4 anni tutte le estati vado in pellegrinaggio alla Terratech e non ho mai visto un 300 cv gommato in difficoltà ad arare, anzi l'8530 con il quadrivomere lo vedo sempre volare a 10 km/h e 40 cm di profondità, la Terratech ara oltre 1500 ettari all'anno, in questi 1500 ettari sicuramente ci saranno sicuramente ci sarà qualche decina di ettari di terreno argilloso (sopra il 40 % di argilla), ma la maggioranza sicuramente non è certo argilloso, altrimenti un qualsiasi 350 cv gommato, di qualsiasi marca non ara a 40 cm di profondità con un quadrivomere e 10 km/h di velocità.

 

2009:

 

 

2010:

 

 

Anche questo video il terreno è secco ma non certo argilloso, è un medio impasto che magari è stato maltrattato l'anno prima e quindi fa qualche zolla in più ma non è certo argilloso.

 

 

Quando parlo di terreni veramente argillosi intendo terreni del genere:

 

 

Oppure terreni come questi, che nonostante siano stati preparati perfettamente, (strutturati dagli agenti atmosferici dell’inverno, non utilizzo di attrezzi azionati dalla PTO ecc), al momento del trapianto del pomodoro la trapiantatrice oppure la seminatrice del mais non riesce nemmeno a chiudere il solco a causa dell’elevata plasticità sottosuperficiale del terreno.

 

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Oppure terreni come quelli presenti nelle colline Marchigiane….

 

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Onde evitare di dare la definizione di un terreno ad occhio, riporto qualche carta dei suoli, le quali spero e penso non siano contestabili.

 

Per le 3 successive cartine occorre tenere presente questa legenda:

 

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Molinella

 

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Mirandola

 

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Ravenna

 

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Come possiamo vedere nella zona di Ravenna di puntini viola o blu (terreni argillosi) ce ne sono pochi, mentre abbondano i puntini rossi, arancioni e gialli, dove l’argilla è addirittura sotto il 20 %.

 

Discorso ben diverso nelle zone di Molinella, e Mirandola dove i puntini viola e blu sono predominanti.

 

Di seguito la carta dei suoli della Toscana

 

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Come vediamo la Toscana è caratterizzata da un’elevata variabilità, ma comunque accanto a suoli di medio impasto ci sono varie zone rosse con terreni argillosi, e argillo-limosi (soprattutto zona di Arezzo), questo sfata definitivamente il detto che in Toscana ci sia solo terretta, anzi in alcune zone ha un contenuto di argilla pari o superiore a molte zone dell’Emilia considerate tra le più argillose d’Italia.

 

Detto questo la difficoltà o meno di una lavorazione del terreno estiva dipende da molte altre variabili oltre che alla tessitura:

 

1) Contenuto di sostanza organica: Un terreno sabbio-limoso, che da 100 anni non vede letame, che viene arato perpetuamente, e che magari ha solo l'1 % di sostanza organica, d'estate può diventare molto duro da lavorare.

 

2) Struttura del terreno: se un terreno con la coltura precedente è stato ben lavorato e non maltrattato anche la terra più dura del Mondo sarà più lavorabile, mentre se ad esempio per seminare il grano come quest'anno si sono fatti i cosidetti "porcai" pestando il terreno bagnato, la terra sicuramente sarà molto dura da lavorare.

 

3) Tempera del terreno: se prendiamo il terreno in tempera è sempre facilmente lavorabile, se invece è troppo secco o troppo umido chiaramente lo sforzo di trazione per la lavorazione aumenta.

 

Al di là delle discussioni "celopiullinghistiche" questo argomento l'ho creato più che altro per parlare della tessitura del terreno, e come in base a questa vengono adattate le tecniche di lavorazione: ad esempio nei terreni argillosi è impossibile arare e seminare tutto a primavera, oppure nei terreni leggeri (sabbio-limosi) volendo si può arare e seminare (anche se non è consigliabile soprattutto nel caso non si abbia il "problema" dei reflui zootecnici da interrare, anche in terreni leggeri è sempre consigliabile quando si può preparare anticipatamente il letto di semina soprattutto per le colture a ciclo primaverile estivo).

 

Invito altri che hanno le analisi dei propri terreni a postarle, così da fare una bella discussione.

 

Ringrazio mapomac per l'aiuto nella ricerca delle carte dei suoli, foto e nella scrittura dell'argomento.

Modificato da DjRudy
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toh... finito le analisi a scuola oggi..

sabbia 38.84% argilla 34.08% limo 27.08%

La terra nei campi varia di metro in metro quindi in altri posti sarà più argillosa..soprattutto se mi sposto dove è appena franato il calanco :asd:

Modificato da nh72-85
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Ospite albe 86

Argomento veramente molto bello, complimenti!

Vorrei solo chiedere una cosa: tutti, o quantomeno molti, consigliano la preparazione del terreno, per terreni "leggeri" e colture primaverili, in autunno. Ma questa pratica non è controproducente soprattutto per quanto riguarda l'aratura, perchè accelera la mineralizzazione della sostanza organica, che già in quei terreni è tendenzialmente scarsa?

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Ottimo ed interessante argomento! Complimenti a Dj!!!

Colgo la palla al balzo e metto le analisi di 2 miei campi, tra i più "ostici" che ho

Ci penserà l'ottimo Dj a commentare le caratteristiche del mio terreno, lui è Dottore mica per niente!:leggi:

Il mio non è "brutto" come quello di Alfieri, o come quello di Nh72-85, che tra l'altro non invidio per nulla! I video che carico ogni tanto ne sono la dimostrazione.

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molto interessante la discussione proposta dal duo djrudy-mapomac.

nella mia zona c'è moltà varietà di terreni, si va dal sabbioso all'argilloso; molte volte ci troviamo ad effettuare le lavorazioni primarie in estrate sui terreni argillosi secchi, lì c'è da piangere da come è dure e viene via a blocchi. sono sempre più convinto però che molta della colpa di tale durezza sia dovuta alla non corretta lavorazione precedente, ad esempio ripassie semine effettuati con terreno bagnato

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Vorrei dire la mia su questo argomento, visto che abito in una zona dove il terreno è pesante(intendo verso l'argilloso).

Infatti abito non distante dal video del CAT.

Sento sempre dire che i terreni argillosi sono duri fanno zolle ecc.

Per mè il vero problema di questi terreni è lavorarli bagnati.

Io non ho mai visto un trattore doversi fermare perchè slitta sull'asciutto, anche se monta pneumatici molto larghi.

Discorso diverso è se piove, li si vedono cose impressionanti.

Ho visto 8330 che non riescono ad andare avanti con un trivomere.

Fuori solco diventa impossibile per la non aderenza.

L'unica è staccare dei vomeri, e cercare di andare con una marcia di più e un po di slittamento in meno.

Si dovrebbe avere pneumatici larghi ma poi in condizioni estreme si deve andare in solco, e come si fa?

In molti mi dicono ma aspetta che si asciughi un pò, peccato che questi terreni una volta che non c'è la coltura non si asciugano più.

Infatti quando c'era l'incolto non era raro seminare colture da interrare solo per tenere asciutto il terreno.

Con questo non voglio in alcun modo dire che questi o quei terreni sono meglio o peggio dei miei.

Ma solo farvi partecipi delle esperienze fatte, in questi anni in terreni tenaci, che se li tratti bene ti danno tanto, ma se li maltratti tela fanno pagare molto cara......

P.s. articolo interessante, ci mancava su un forum del settore.

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Argomento veramente molto bello, complimenti!

Vorrei solo chiedere una cosa: tutti, o quantomeno molti, consigliano la preparazione del terreno, per terreni "leggeri" e colture primaverili, in autunno. Ma questa pratica non è controproducente soprattutto per quanto riguarda l'aratura, perchè accelera la mineralizzazione della sostanza organica, che già in quei terreni è tendenzialmente scarsa?

 

Non applicare astrattamente la teoria, sii pragmatico. La mineralizzazione della sostanza organica è senz'altro favorita da alte temperature e ossigenazione del terreno, ma non facciamone un dramma; anche perché se si ha così a cuore la s.o (come dovrebbe), allora dovremmo assistere a regimi sodivi diffusi e minime lavorazioni, cosa che invece non mi pare di riscontrare.

Al di la di questo aspetto, comunque, per quanto riguarda certi terreni, non è consigliato preparare il terreno entro l'inverno, ma è l'unica soluzione possibile; è quanto mai impossibile effettuare lavorazioni primarie in primavera.

Il giusto compromesso può individuarsi nell'arare i terreni verso fine estate (agosto-settembre), quando le temperature sono già più basse ed il rischio mineralizzazione ridotto. Allo stesso tempo però non è detto che la lavorazione riesca al meglio; come indicato da Tonytorri, in alcuni casi i terreni non si asciugano più; in altri casi invece l'eccessiva disidratazione e compattezza genererebbe zollosità poi troppo esosa da affinare. In quest'ultimo caso quindi il miglior risultato lo si otterrebbe arando subito dopo la trebbiatura del frumento, dove 9 volte su 10 il lavoro viene egregiamente essendo il terreno ancora umido e strutturato; ovviamente il rovescio della medaglia sono i 2 mesi più caldi a cui il terreno lavorato verrà poi esposto: problema di mineralizzazione, ma terreno affinabile in autunno senza grossi problemi.

 

A mio avviso le lavorazioni primarie (arature, ecc) in primavera hanno senso solo se si deve tener conto di esigenze di interro di liquame o letame, se questo appunto non può essere distribuito entro l'inverno (tessitura ovviamente permettendo !). Altrimenti motivi validi non ne vedo, eventualmente elencatemeli.

Non a caso Puntoluce accusa, al di la della tessitura, problemi derivanti da errate lavorazioni; cosa assolutamente verosimile e probabile. Non oso infatti pensare a cosa potrei ottenere, in primis sullo stato del terreno, poi sulle rese dei campi, se mai decidessi di arare in primavera ad esempio sui suoli indicati da Alfieri. Motivo che mi porta a credere con un buon margine di sicurezza, che buona parte dei problemi che si evidenziano in molte zone d'Italia, siano da ricondurre proprio a tecniche colturali errate, a volte completamente in disaccordo con i più banali principi agronomici.

Ovviamente non bisogna poi eccedere dal lato opposto; eccessivo affinamento entro l'autunno espone un terreno molto fine a tutte le piogge compattanti dell'inverno; fenomeni che poi si esplicano in primavera con eccessiva compattazione, terreno umido, crosta ecc. La soluzione ottimale dove l'inverno prevede gelate è un'affinatura media entro l'autunno che consenta un discreto drenaggio durante l'inverno, per poi completarla con una passata di vibro o similari in concomitanza di una gelata.

 

A complemento del materiale inserito da Dj Rudy, ecco altre immagini di terreno particolarmente argilloso. Immagino molti di voi che leggete, mai ne avrete visti. Pensate forse che sarebbe possibile arare in primavera ?

Si tratta di terreni arati tardi, poi causa precoci piogge sono stati affinati con erpice rotante col gelo; l'inefficiente sistemazione del terreno (cappezzagna più alta del piano di campagna) ha poi fatto il resto. (sul fatto che non si sarebbe dovuto seminare in quelle condizioni, è ovvio...)

 

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Direi inanzitutto ottimo lavoro....

 

Poi tengo a precisare una cosa da operatore Terratech e quindi operante nel ravennate e non....che la fascia di riferimento evidenziata nella foto dei rilievi non rispecchia l'intero areale d'operato nostro, manca infatti tutta la parte sottostante a Santo Stefano e il sopra di Ravenna.

Ovvio essendo una zona molto ampia non vi è presente un solo tipo di terreno, si opera in diversi areali e quindi i terreni possono cambiare....il fatto che non ha mai visto l'8530 impegnato in terreni argillosi non vuol dire che non li si abbiano, il caso vuole che sia sempre in altri tipi di terreno.

Però il tuo collaboratore del servizio ha visto anche l'altra realtà argillosa dovìera impegnato l'8430T con il Combivardisc...li direi che l'argilla ne fà la voce grossa....oppure arrivando ad operare alle porte di Cesenatico dove ho provato sulla mia pelle e schiena che il terreno a dir poco chiamarlo marmo è poco....dove la percentuale in argilla si avvicina molto alle condizioni dove abbiamo fatto il primo TIC.

 

Comunque rimango scettico anche sulla realtà di quelle carte....non che non ci creda, solo che rispecchia la singola realtà aziendale, e che il quadratino invece non dia una visuale di un raggio ben stabilito....infatti da notare che il quadratino vicino alla località di Fosso Ghiaia da a significare che l'intera zona si presume terreno argilloso...invece ci saranno a dir poco una decina se non meno ti terreno simile....il restante all'incirca centinaio se non oltre rimane di prevalenza sabbioso.

Ah da dire un altra cosa, con tutta tranquillità, in quei dieci ettari chissà perchè chiamano noi di Terratech a lavorarli....fresatura interfilare compresa...i restanti nella terra buona se riescono i nostri clienti cercano di fare il più possibile loro....a risultato di tutto ciò si può dire che in quei quadratini violetti è presente Terratech...quindi aimè si può affermare che il 70% dei terreni che lavoriamo siano Argillosi...comunque per dati ben precisi interverrà se lo ritiene il buon JdFan...

 

Citazione di Mapomac:

A complemento del materiale inserito da Dj Rudy, ecco altre immagini di terreno particolarmente argilloso. Immagino molti di voi che leggete, mai ne avrete visti. Pensate forse che sarebbe possibile arare in primavera ?

 

Non riesco a fare il quote, comunque come hai evidenziato tu e quello che si intravede anche dalle foto....è evidente che il terreno è stato reso tale non tanto per l'alta percentuale d'argilla presente...ma dalla cattiva lavorazione effettuata, cioè è stato lavorato se non bagnato perlomeno umido....vorrei allora dire una cosa se ne sei a conoscienza...su quel tipo di terreno perchè non vi è stato scelto di effettuare una semina su sodo?

Modificato da BASA
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Argomento veramente molto bello, complimenti!

Vorrei solo chiedere una cosa: tutti, o quantomeno molti, consigliano la preparazione del terreno, per terreni "leggeri" e colture primaverili, in autunno. Ma questa pratica non è controproducente soprattutto per quanto riguarda l'aratura, perchè accelera la mineralizzazione della sostanza organica, che già in quei terreni è tendenzialmente scarsa?

 

Albe penso che tu ti riferissi a terreni simili...

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Aratura effettuata il 10 Aprile, interrando compost e liquame

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Io penso che ogni terreno abbia il suo perchè.

Ci sono zone che se arano in autunno, in primavera lo devono rifare da tutta l'erba che si è fatto.

E altre che se si ara in primavera si può far senza seminare perchè non si raccoglie il costo della trebbia.....

Sono convinto che ogni luogo ci siano tante piccole scuole, e cioè gli anziani.

Non dico che quello che facciano sia tutto giusto, però sicuramente le basi di come eseguire bene i lavori le sanno meglio di qualsiasi libro.....

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Io sono arrivato da queste parti (terreni argillosi)che mi sembrava di essere un fenomeno perchè si aveva il rotante che qui avevano tutte frese e erpici a traino e dopo un paio di anni mi sono dovuto adeguare. Rotante in capannone e lavorazioni come dice Mapomac. Meno costi e più resa.Dimenticavo l'acqua per innaffiare non se ne parla se non in casi eccezionali.

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è evidente che il terreno è stato reso tale non tanto per l'alta percentuale d'argilla presente...ma dalla cattiva lavorazione effettuata, cioè è stato lavorato se non bagnato perlomeno umido....vorrei allora dire una cosa se ne sei a conoscienza...su quel tipo di terreno perchè non vi è stato scelto di effettuare una semina su sodo?

 

Il terreno che ho riportato in foto era appunto a significare cosa possono portare errate lavorazioni su un terreno particolarmente argilloso; ad indicare quindi quanto già ribadito più volte:

 

- terreni di tessitura leggera non avrebbero portato ad una situazione simile, né prima che post semina.

- terreni di tessitura leggera non porteranno mai ad esempio che il solco della seminatrice non venga chiuso; anche perché nella così detta "terretta" si avrebbe previsto una lavorazione pre semina (minitiler e similari).

- far vedere a chi ara in primavera, terreni in cui la cosa sarebbe semplicemente impensabile.

 

In merito invece alla semina su sodo, mi sembra che la risposta si ovvia; o forse non basta tutta la letteratura prodotta su questo forum e non in merito a questa tecnica ?

Non sono forse sempre stati premessi come base del sodo terreni strutturati e nelle migliori condizioni ?

Non si è sempre detto che gli scarsi risultati dei regimi sodivi (e minima lavorazione) sono spesso da ricondurre a scelte invece opposte, riservando appunto i campi più disagiati e utilizzando quindi la semina su sodo come ultima spiaggia per seminare ?

 

Nel caso specifico invece, tu mi insegni, il cliente non ha di certo sempre ragione, ma è bene dargli sempre ciò che vuole. Appurato che il terreno era quello a primavera e quindi irrimediabile, era sufficiente aspettare una decina di giorni prima di seminare (piogge non ne mettevano e non ne vennero). Non sarebbe stata una semina da manuale, ma di certo di gran lunga migliore a quella che invece è stata.

 

__________________

 

Nota: seppure nel gergo comune e riconosciuto sia assodato che "terra argillosa = terra pesante" e "terra sabbiosa (per gli amici "terretta") = terra leggera", in realtà dal punto di vista prettamente fisico le cose sono l'opposto. La sabbia di per sé è più pesante dell'argilla e la minor strutturazione di questi terreni, portano che siano questi i più pesanti nel senso letterale del termine.

Poi se per peso s'intende la forza necessaria a lavorare i terreni, allora ecco che l'equazione iniziale riprende significato.

Modificato da Mapomac
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Posso aggiungere, che nei terreni argillosi, sia la minima lavorazione e sopratutto la semina su sodo, non sono consigliabili.

Per vari motivi.

Io proprio in questo periodo stavo dando una occhiata all PSR che parla dell'agricoltura BLU, pero nella mia zona non ha futuro, avrei un posto dove farlo ma è in una altra regione e non so se si può.

Comunque, i terreni pesanti vanno arati il prima possibile, se io finisco alle 19 da trebbiare alle 19:10 sono nei campi con l'aratro.

E poi appena possibile pareggiati.

Da notare che metto pareggiare e non affinare, per quello ci pensa il tempo....

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Comunque, i terreni pesanti vanno arati il prima possibile, se io finisco alle 19 da trebbiare alle 19:10 sono nei campi con l'aratro.

Hahaha, la felicità dei trebbiatori!!:2funny: Nessuno si accorgerà se la macchina ha perso.... Hihi:asd:

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Lo puoi dire.

Infatti come ho detto ho un posto che è più leggera, e la si tiene per ultima.

Quando si va la che si vede il mais nato sono infarti......

I primi anni diventavamo matti perchè non si sapeva, poi si è imparato che è abbastanza normale che nasca qualcosa dietro la trebbia............

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Inviato (modificato)
Comunque rimango scettico anche sulla realtà di quelle carte....non che non ci creda, solo che rispecchia la singola realtà aziendale, e che il quadratino invece non dia una visuale di un raggio ben stabilito....

 

Se non si fidano possono sempre provvedere loro le risorse per fare mappe più puntiformi

 

Chiaramente queste carte non sono il massimo della precisione, ma certamente danno un’idea media di che tipo di terreno c’è, è innegabile che nella zona di Ravenna i puntini viola sono molti molti meno rispetto a Mirandola, significa quindi che mediamente i terreni Ravennati sono molto meno argillosi rispetto a quelli della zona tra Ferrara e Mantova.

 

Vuoi qualcosa di più preciso?

 

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Cartografia geologica - Servizio Geologico Sismico e dei Suoli, Regione Emilia-Romagna

 

quindi aimè si può affermare che il 70% dei terreni che lavoriamo siano Argillosi..

 

Dato l’elevatissimo grado di servizi che la Terratech riesce a dare: dalla semplice rullatura, al totale servizio delle bietole da seme, il suo raggio di azione è uniformemente distribuito in tutto il territorio Ravennate, (al contrario se facesse ad esempio solo fienagione, o solo semina di cereali lavorerebbe solo certi tipi di terreni), la tua affermazione indicherebbe che il 70 % dei terreni del Ravennate ha più del 40 % di argilla in totale disaccordo con le cartine sopra riportate che non saranno precise dal punto di vista puntiforme ma sono sicuramente precise quanto a tessitura media della zona e non indicano certo che il 70 % dei terreni di Ravenna sono argillosi.

 

Non riesco a fare il quote, comunque come hai evidenziato tu e quello che si intravede anche dalle foto....è evidente che il terreno è stato reso tale non tanto per l'alta percentuale d'argilla presente...ma dalla cattiva lavorazione effettuata, cioè è stato lavorato se non bagnato perlomeno umido....vorrei allora dire una cosa se ne sei a conoscienza...su quel tipo di terreno perchè non vi è stato scelto di effettuare una semina su sodo?

 

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Nel caso specifico invece, tu mi insegni, il cliente non ha di certo sempre ragione, ma è bene dargli sempre ciò che vuole.

 

Questo è il tipico esempio di Semina su sodo sbagliata…. La macchina riesce a seminare, poi il grano non nasce sulle ruotate, e la colpa magari si da alla macchina, e non al cliente che chiede di seminare in condizioni assurde….

 

 

Per la cronaca altro esempio di terra non certo argillosa, perché se fosse stata terra con il 40 % di argilla bagnata in quel modo dopo 3 metri il 5720 avrebbe avuto 200 kg di terra per ruota.

 

Posso aggiungere, che nei terreni argillosi, sia la minima lavorazione e sopratutto la semina su sodo, non sono consigliabili.

Per vari motivi.

 

Potresti descrivere questi motivi? Perchè hai terreni argillosi? Se si che tipi di argille hai?

 

Io proprio in questo periodo stavo dando una occhiata all PSR che parla dell'agricoltura BLU, pero nella mia zona non ha futuro, avrei un posto dove farlo ma è in una altra regione e non so se si può.

 

Avessi un’azienda da 2-300 ettari in Veneto, di sicuro avrei già fatto il PSR per l’agricoltura conservativa, 400 €/ha non sono noccioline, per di più levando il mais, facendo altre colture come: grano, sorgo e soia che il sodo lo digeriscono bene e lavorando bene, le produzioni di certo non crollano, quindi ai 400 €/ha ci aggiungi la PAC e la produzione.

 

Nel Veneto solo 5000 ettari hanno aderito a questa cosa, forse si guadagna ancora troppo con il Mais a 25 €, per cui la gente se ne frega e continua a fare mais su mais arando.

 

però nella mia zona non ha futuro, avrei un posto dove farlo ma è in una altra regione e non so se si può.

 

Quanti anni di sodo hai fatto? Quante prove hai fatto nella tua azienda? Se hai fatto prove quando hai seminato su sodo eri in condizioni ideali oppure l’hai usata come ultima spiaggia?

 

PSA 75 ha terreni argillosi, eppure come puoi leggere da quello che ha riportato qui:

 

http://www.tractorum.it/forum/coltivazioni-erbacee-f21/minima-lavorazione-e-semina-su-sodo-407/index11.html

 

è molto contento dell’aver intrapreso la tecnica della minima lavorazione, nonostante abbia terreni con il 50 % di argilla, semplicemente perchè ha l'argilla quella buona, e per capire che cosa intendo con argilla buona invito a leggere quello che scriverò successivamente.

Modificato da DjRudy
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Inviato (modificato)

Cercherò ora di fare un po’ di chiarezza su vari aspetti che vanno a influenzare la tessitura e le lavorazioni.

 

Dato che l'argomento non è semplice e nemmeno tanto corto da esporre lo dividerò in capitoli. Intanto ecco il primo capitolo poi quando ho tempo riporterò gli altri.

 

1) Lavorazioni e proprietà fisiche del terreno

 

E' noto che, passando da terreni sabbiosi a terreni limosi ed argillosi, aumenta la coesività e l'adesività, a causa della maggiore azione chimica degli agenti atmosferici subita dalle particelle che li costituiscono, delle loro minori dimensioni e della loro maggiore superficie massica.

 

Di conseguenza, la resistenza opposta alla penetrazione degli organi di lavoro e lo sforzo di trazione aumentano; per tali motivi i terreni sabbiosi sono definiti leggeri, mentre quelli argillosi pesanti, anche se in realtà è l’opposto come ben spiegato da mapomac.

 

Pertanto, passando da terreni sabbiosi a terreni limosi ed argillosi generalmente si registrano aumenti dei tempi di esecuzione dei lavori e dei consumi energetici.

 

I terreni sabbiosi, infatti, rispetto a quelli argillosi, per la loro minore coesività, adesività e capacità di ritenzione idrica, risultano facilmente lavorabili anche in condizioni di umidità non ottimali; i terreni argillosi, invece, essendo caratterizzati da proprietà fisiche opposte a quelle dei terreni sabbiosi, sono lavorabili quando il loro contenuto idrico è tale che le forze di coesione e di adesione sono intorno ai valori minimi, ossia quando sono prossimi alla condizione di "tempera".

 

Il raggiungimento di tale condizione per i terreni argillosi spesso richiede tempi lunghi, di conseguenza i tempi di preparazione del letto di semina possono variare entro limiti molto ampi in relazione all'andamento climatico; questo aspetto rende i terreni argillosi poco adatti per un'agricoltura dinamica (tipo secondi raccolti, ecc).

 

Problematiche generali intermedie tra quelle viste per i terreni sabbiosi ed argillosi le presentano i terreni limosi .

 

1.1: Terreni argillosi e lavorazioni

 

In terreni argillosi i lavori preparatori principali, particolarmente l'aratura, oltre alle problematiche prima indicate, possono dare luogo a zollosità più o meno accentuata, a seconda del grado di umidità al momento della lavorazione attuale e di quelle effettuate nell'annata precedente, rendendo difficoltose ed onerose anche le operazioni di affinamento.

 

In questi terreni, inoltre, le lavorazioni, eseguite in condizioni di eccessiva umidità, possono determinare formazione di "suola di aratura" molto compatta e persistente, con conseguenti ripercussioni negative sulla fertilità.

 

Tuttavia, come già accennato brevemente , gli effetti delle lavorazioni sulle proprietà fisiche dei terreni argillosi variano di molto in relazione al tipo di argilla prevalente ed al grado di strutturazione.

 

In terreni argillosi mal strutturati, poco rigonfiabili in presenza di acqua, in cui prevalgono argille non espandibili, come quelli formatisi su argille marine del Pliocene, gli effetti delle lavorazioni nel favorire la porosità e la fertilità sono molto evidenti.

 

In questi terreni, infatti, con la minima lavorazione o con la non lavorazione si riscontra una struttura estremamente compatta, con numero molto ridotto di pori allungati, generalmente isolati, non continui e quindi praticamente inefficaci ai fini del movimento dell'acqua e dell'aria e della crescita delle radici, le quali, peraltro, tendono a svilupparsi nello strato più superficiale.

 

In terreni argillosi o limoso-argillosi, molto rigonfiabili in presenza di acqua, in cui prevalgono argille di tipo espandibile, e ben dotati di materia organica, ossia nei vertisuoli e nei suoli bruni di tipo vertico, gli effetti delle lavorazioni sulla porosità e sulla fertilità sono poco evidenti.

 

Questi terreni, infatti, in seguito ad alternanza di inumidimento-essiccamento, formando crepacciature più o meno profonde, tendono ad autostrutturarsi ed a frazionarsi in blocchi di dimensioni più o meno ridotte. Le crepacciature, oltre a costituire soluzioni di continuità della massa terrosa, favoriscono l'arieggiamento di strati anche profondi del terreno e lo sviluppo di radici in profondità. La presenza di soluzioni di continuità nella massa terrosa determina riduzione sia dello sforzo di trazione che della zollosità; in altri termini le crepacciature favoriscono la struttura di disgregazione. Tuttavia, le crepacciature, aumentando la superficie di terreno esposta all'aria, favoriscono le perdite di acqua dal terreno per diretta evaporazione, inconveniente che può essere notevolmente attenuato con la sarchiatura, quando questa pratica è possibile ed è eseguita tempestivamente.

 

I lavori preparatori alternativi all'aratura potrebbero ovviare almeno alcuni degli inconvenienti precedentemente indicati.

 

La discissura o ripuntatura, rispetto all'aratura tradizionale, tendenzialmente profonda, a parità di profondità avrebbe il vantaggio della maggiore capacità di lavoro e del minor assorbimento energetico, con conseguente riduzione del costo della lavorazione ed aumento della tempestività di esecuzione che potrebbe permettere di praticare le lavorazioni in condizioni più prossime a quelle di tempera. La discissura, inoltre, non formerebbe la "suola di lavorazione", darebbe luogo a ridotta zollosità superficiale, con conseguente riduzione dei costi dei lavori preparatori complementari, e favorirebbe la regimazione delle acque in eccesso, facilitandone l'allontanamento dalla superficie agli strati più profondi attraverso le fessurazioni verticali tracciate dalle ancore.

 

Quest'ultimo aspetto può risultare interessante per terreni in pendio, terreni collinari, in quanto potrebbe ridurre il ruscellamento ed i fenomeni erosivi ad esso connessi. La discissura, inoltre, modificando di poco la stratigrafia dei terreni, determina accumulo di materia organica in superficie, favorendo il miglioramento delle proprietà fisiche dello strato più superficiale del terreno, responsabile degli scambi tra terreno ed atmosfera (scambi idrici e gassosi); tuttavia, determina accumulo in superficie di elementi nutritivi poco mobili, in particolare del fosforo, ed ha limitata azione sul controllo delle erbe infestanti, particolarmente di quelle perennanti.

 

La discissura, non rimescolando gli strati di terreno lavorato, rispetto all'aratura, determina inoltre un minore essiccamento di quest'ultimo ed una maggiore disponibilità di acqua per le colture; aspetto quest'ultimo di notevole rilevanza in annate siccitose durante il periodo sia della semina che dell'intero ciclo colturale. [/i]

 

Le tecniche di lavorazione minima e di non lavorazione, interessando solo lo strato superficiale di terreno di spessore limitato, dell'intera superficie o parte di essa, e favorendo, lungo il profilo, la microporosità a scapito della macroporosità, sono più indicate, invece, per terreni argillosi rigonfiabili che, essiccandosi, formano crepe di dimensioni variabili in relazione al contenuto in argilla e, nell'ambito di quest'ultima, alla prevalenza di argille espandibili. La crepacciatura, infatti, può surrogare, almeno in parte, gli effetti delle lavorazioni profonde sulla macroporosità lungo il profilo del terreno.

 

In terreni argillosi, in cui prevalgono argille poco espandibili, le tecniche di lavorazione minima e di non lavorazione accentuano i fenomeni di ristagni idrici superficiali, con conseguente ruscellamento e fenomeni erosivi su terreni in pendio, con fenomeni di asfissia su terreni in piano.

 

In ogni caso, le lavorazioni minime e la non lavorazione comportano una notevole riduzione del numero dei passaggi e quindi riduzione del calpestio con le macchine motrici. Queste tecniche, inoltre, come già visto per la discissura, implicano, rispetto all'aratura, una minore perdita di acqua per evaporazione durante l'esecuzione dei lavori, ed una maggiore quantità di acqua disponibile per la coltura, grazie al prevalere della microporosità.

 

1.2: Terreni limosi e lavorazioni

 

I terreni limosi, caratterizzati da particelle di dimensioni intermedie tra la sabbia fine e l'argilla, con superficie massica relativamente elevata, almeno rispetto a quella dei terreni sabbiosi, generalmente sono di cattiva struttura in quanto le particelle di limo si aggregano con difficoltà in aggregati glomerulari e la loro aggregazione dipende essenzialmente dalla presenza di cementanti organici.

 

Pertanto, in questi terreni si riscontra in prevalenza struttura a grana singola, le particelle singole tendono ad aderire le une alle altre delimitando pori di piccole dimensioni, proporzionali alle dimensioni delle particelle; in definitiva trattasi di terreni che tendono a compattarsi, in cui prevale la microporosità, poco permeabili, ad elevata capacità di ritenzione idrica, soggetti a ristagno idrico superficiale, tendenti a riscaldarsi lentamente in primavera ed a raffreddarsi altrettanto lentamente in autunno, a causa della loro elevata capacità termica che gli deriva dall'elevata capacità di ritenzione

idrica; inoltre, in seguito ad eventi piovosi o ad irrigazione a pioggia ad elevata intensità, le particelle dello strato più superficiale tendono ad assumere una disposizione compatta e se segue un essiccamento rapido si cementano tra loro formando strati superficiali estremamente compatti, la nota "crosta superficiale", i cui effetti negativi sull'emergenza delle plantule e sugli scambi gassosi ed idrici tra terreno ed atmosfera sono noti.

 

Da quanto premesso, la lavorabilità di questi terreni risulta difficoltosa se non sono in condizioni di "tempera", condizione raggiungibile più facilmente rispetto ai terreni argillosi di cattiva struttura.

 

Se lavorati eccessivamente secchi danno luogo a formazione di materiale polveroso e di zolle anche di grandi dimensioni, di difficile sgretolamento, con conseguente formazione di un letto di semina grossolano.

 

Se lavorati con eccessiva umidità, invece, s'impastano e formano fango, dopo essiccamento si formano zolle di modeste dimensioni ma di difficile affinamento a cui seguono, anche in questo caso, preparazioni di letti di semina grossolani.

 

Da tutto ciò deriva che per questi tipi di terreno le lavorazioni giocano un ruolo fondamentale per instaurare un rapporto equilibrato tra micropori e macropori almeno quando la frazione limosa è molto elevata.

 

Anche per i terreni limosi il tipo di lavoro preparatorio principale più diffuso è l'aratura profonda, la quale, come già visto per i terreni argillosi, oltre a favorire la suola di lavorazione, diluisce la materia organica in una massa di terreno elevata, con riduzione dei suoi effetti positivi sull'aggregazione delle particelle, particolarmente importante nello strato più superficiale, responsabile degli scambi gassosi ed idrici con l'atmosfera e sede di localizzazione dei semi.

 

Pertanto, la discissura può essere considerata una tecnica di lavorazione principale alternativa all'aratura tradizionale (soprattutto in mancanza di reflui zootecnici da interrare) molto valida ai fini non solo economici ma principalmente per realizzare condizioni di abitabilità del terreno più confacenti alle esigenze delle colture.

 

1.3: Terreni sabbiosi e lavorazioni

 

Le caratteristiche fisiche dei terreni sabbiosi sono influenzate dalle dimensioni delle particelle della frazione sabbiosa e dal rapporto percentuale tra sabbia, limo ed argilla. Le dimensioni della frazione sabbiosa (compresa tra 2 e 0,02 mm) sono tali che le singole particelle sono difficilmente aggregabili tra loro, pur tuttavia, esse delimitano pori di dimensioni relativamente grandi, proporzionali al diametro delle particelle.

 

E' ben noto che nei macropori l'acqua è trattenuta con forze leggere, ed è assoggettata alle forze gravitazionali, per cui percola negli strati profondi. Pertanto i terreni tipicamente sabbiosi, in cui la percentuale di sabbia è molto elevata (sopra il 50-60 %), sono caratterizzati da struttura a grana singola, da elevata macroporosità, di conseguenza da bassa capacità di ritenzione idrica, da elevata permeabilità all'acqua ed all'aria, da bassa capacità di scambio cationico, da limitato contenuto in elementi nutritivi e in materia organica; quest'ultima, per l'elevato arieggiamento, è soggetta a rapida mineralizzazione.

 

In questi tipi di terreno le lavorazioni potrebbero avere effetti negativi sulla fertilità del terreno, in quanto ne aumenterebbero la macroporosità a cui seguirebbe riduzione della capacità di ritenzione idrica ed aumento della permeabilità, aumento della mineralizzazione della materia organica e del dilavamento di elementi nutritivi.

 

Tuttavia, ad eccezione degli arenili, i terreni sabbiosi pur essendo costituiti in prevalenza da sabbia contengono anche limo ed argilla, entrambi in quantità percentuali non superiori al 20-25%. Questa frazione di particelle più fini, oltre a favorire la cementazione di singole particelle può occupare i macropori delimitati dalla sabbia, riducendo la macroporosità a favore della microporosità.

 

Questo fenomeno, diffuso lungo tutto il profilo colturale, si evidenzia particolarmente negli strati più superficiali dove, durante il processo d'infiltrazione dell'acqua di pioggia o d'irrigazione, le particelle più fini sono trasportate dalla superficie a profondità variabili intorno ai 15 cm, occludendo i macropori e cementando le particelle tra loro con formazione di uno strato, di spessore limitato, compatto e poco permeabile, fino ad assumere caratteristiche di strato impervio.

 

Pertanto nei terreni sabbiosi le lavorazioni, eseguite con attrezzi rovesciatori, hanno la funzione di rottura dello strato impervio che generalmente si forma durante un ciclo colturale e di ridistribuzione delle particelle più fini nello strato di terreno lavorato.

 

La tecnica di lavorazione più usata per i terreni sabbiosi è l'aratura superficiale, a profondità intorno a 25 cm; l'aratura profonda, a 40-50 cm, si dimostra poco utile se non dannosa perché contribuirebbe a ridurre le disponibilità idriche per la coltura ed il contenuto in materia organica del terreno; le lavorazioni eccessivamente superficiali (tecniche di lavorazione minima e la non lavorazione) sono più difficilmente applicabili per terreni sabbiosi perché favoriscono la formazione dello strato compatto superficiale a cui precedentemente è stato accennato; questo soprattutto nei primi anni di attuazione delle tecniche conservative.

 

I terreni sabbiosi per la loro ridotta adesività e coesività, derivante dalla loro bassa superficie massica, sono facilmente lavorabili anche quando sono eccessivamente umidi e molto secchi, tranne in quelle situazioni in cui la percentuale di limo ed argilla è tale da dare luogo ad elevata zollosità.

 

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Alla luce di tutte queste considerazioni, si capisce che sono proprio i terreni argillosi, quelli che si crepacciano d'estate, duri da lavorare ecc, i più adatti a un regime sodivo di lungo periodo, proprio grazie alla loro capacità autostruttrante.

 

Mentre le cosidette "terrette", cioè terreni molto sabbiosi, o molto limosi, tendono a compattarsi maggiormente, quindi almeno nei primi anni il regime sodivo ha maggiori problemi e comporta maggiori cali produttivi, successivamente il terreno si stabilizza e i vantaggi del sodo si hanno anche in questi terreni.

 

Come sempre i migliori terreni anche per le tecniche conservative sono quelli di medio impasto con buona dotazione di sostanza organica (almeno 2 %), in questi terreni tutto viene bene comprese le tecniche conservative.

 

Nei terreni molto argillosi (con argille non autostrutturanti), molto limosi, o molto sabbiosi, il sodo puro (cioè sodo su sodo per molti anni) è più difficile da applicare (ripeto più difficile ma non inapplicabile per partito preso), in questi casi limite si può pensare comunque di abbandonare l'aratura, adottando con ottimi risultati la minima lavorazione accoppiata a rotazioni lunghe, in modo da evitare ad esempio i ringrani o il mais su mais dove l'aratura è quasi indispensabile.

Modificato da DjRudy
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Mi scuso se non rispondo subito ma in questo periodo ho poche ore da dedicare al Forum(anzi a tutto....).

Il fatto che dica che nei miei terreni non è consigliabile, è perchè li conosco.

Sembra poco ma non lo è.

Esempio forse stupido, qualche anno fa qualcuno in giro si è messo ad arare a 30 cm(e non 20/25), tirando fuori tutte le storie del mono, costo gasolio tempo ecc.

Son passati 5/6 anni e hanno acquistato trattori da 300cv e aratri da 50cm, perchè non riuscivano a produrre.

E aziende che si son messe ad usare la Vanga, stessa storia.

Non chiedermi il perche ma ci sono diversi esempi.

Io stesso quando aravo le testate a 30 cm per non fare solchi difficili da chiudere facevo un mais da 1 metro di altezza.

Se aro fondo il mais viene bello, magari è un caso.

Per il Veneto forse non mi sono spiegato.

Potrei fare il PSR sulla minima lavorazione perchè il terreno la è diverso.

Pero è una regione diversa da dove abito e non melo fanno fare.

Poi dicono che l'Italia è unita non si riesce a prendere fondi europei se si è in una regione diversa..........

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Ecco cosa intendo quando parlo di terreno argilloso.... 40 giorni che non piove ecco il risultato.

 

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Comunque terreno non destrutturato dato che il grano è stato seminato con un 55/66 e una seminatrice da 2,5 metri, ma la crepacciatura si ha lo stesso.

 

Non fate caso al grano brutto, sono le prove varietali di grano biologico fatte nell'azienda dell'Università, quest'anno il grano è piccolo perchè sono state seminate a fine febbraio a causa delle continue piogge invernali.

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