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La trazione meccanica in agricoltura.


Junker

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Tutti sappiamo che fino al XIX secolo in agricoltura probabilmente l’applicazione più significativa, oltre al lento svilupparsi degli attrezzi, dai tempi di Cincinnato in Europa è stato nel medioevo il generalizzarsi dell’uso dei “nuovi” attacchi agli animali che fornivano la forza traente: il collare pettorale agli equini ed il diverso modo di aggiogare i bovini.

Tali apparati, unitamente alla ferratura, consentirono di ricavare dagli animali maggior “ forza motrice” e nel contempo di affaticare i medesimi in misura sensibilmente minore.

Per rivedere mutamenti davvero importanti in campo tecnico che porteranno realizzazioni importanti anche in agricoltura dobbiamo da quest’epoca far scorrere un altro lunghissimo lasso di tempo ; dobbiamo arrivare agli ultimi decenni del 1700, periodo nel quale prenderanno forma ideazioni che si svilupperanno ampiamente nei secoli successivi.

Ecco ora le invenzioni di Watt, ecco che il carro di Cugnot riesce a percorre autonomamente alcuni metri ed altri inventori; ha inizio la rivoluzione industriale.

Inutile star ad illustrare quanto essa ha comportato nel contesto globale ma ci limitiamo a soffermarci nel settore che ci interessa.

Qual motore fisso azionante macchinari o semovente e capace di traino, dalla seconda metà del 1800 la macchina a vapore entra davvero in scena, pur se in diversa numerica consistenza a seconda delle varie Nazioni, anche nei lavori agricoli.

Per inciso è necessario dire che affiancati alle macchine a vapore, pure se con non rilevantissimo successo, furono costruiti anche da varie fabbriche congegni che miravano a trasformare l’energia fornita dagli animali in una sorta di propulsore fisso.

Pur se sulla falsariga di vecchie concezioni furono questi congegni fabbricati a livello industriale.

Come quasi fossero elementi di transito tra l’energia sviluppata dal vapore e quella fino a quel tempo sempre usata coniugata però a moderne elaborazioni e realizzazioni.

Non stiamo parlando ovviamente dei classici aratri, erpici ed apparecchiature varie che venivano, e tuttora in parti del mondo vengono, mossi direttamente dagli animali e nemmeno della classica macina fatta ruotare con la stanga dall’asino o la noria ma di macchinari fini a se stanti facenti vece di meccanismo propulsore.

Tali apparati , congegnati in due principali diverse tipologie, spesso indicati sotto il nome di maneggio o giostra, erano così funzionanti;

L’uno era costrutto come una sorta di tapis roulant con un estremità, verso la quale era rivolta la testa del cavallo/i, leggermente rialzata e circoscritto da parapetti.

Il passo dell’animale faceva scorrere il nastro e questi trasmetteva con appositi ingranaggi energia alla presa di forza, posta all’estremità in basso ed in massima parte configurata sotto forma di puleggia dalla quale potevano con cinghie venir azionati vagli, piccole trebbie od altro.

L’altro,

che si prestava sia all’uso del singolo che dei molteplici era realizzato da un grosso fulcro in carpenteria con un albero in esso passante e calettato alla sommità del quale venivano assicurate, a seconda della grandezza o dalla potenza richiesta, le stanghe da agganciare agli animali che procedevano attorno a questo punto centrale.

Alla base del perno l’albero verticale con appositi ingranaggi dava moto ad un altro albero posto in orizzontale. Quest’ultimo era alloggiato in un tubo metallico in quanto per giungere alla scatola finale di riduzione ( nel filmato "aggiornata") ove venivan collegati gli apparati da movimentare, doveva necessariamente attraversare la pista sulla quale gli animali giravano.

Esso veniva quindi per non essere elemento di inciampo o ricoperto di terriccio per la parte intersecante la pista di calpestio o totalmente interrato.

Ovviamente questo ultimo apparato, potendo essere più facilmente predisposto per essere azionato da più unità , poteva fornire maggior forza motrice ed ad esso venivano collegati macchinari agricoli richiedenti più potenza sino a giungere all’azionamento, sempre sulla falsariga di ciò che riusciva a movimentare il vapore, di sistemi di erpicatura funicolare.

Se questi ultimi apparati non ebbero soverchia fortuna la ebbero di converso tutti i nuovi attrezzi, pur se a trazione diretta animale, che le nuove tecniche resero possibile il costruire; il ferro, prima solo parte di usura e rafforzo di alcuni particolari delle attrezzature divenne il materiale con il quale questi furono pressochè integralmente costruiti; dall'aratro totalmente metallico....

si arriva a poter costruire anche la, seppur ovviamente rara, mietitrebbiatrice.......

Ora torniamo alla macchina a vapore ed al suo impiego in agricoltura e segnatamente nel nostro paese

Lo facciamo con un immagine tratta da un volume Italiano del 1869 illustrante la locomotiva Thompson.

Nata per uso militare si ma in poco o nulla differente dalle coeve per usi promiscui, argano per l’aratura funicolare escluso ma all’epoca ancora non completamente sviluppato come quelle delle loco che si produrranno negli anni seguenti e che fisserà un modello standard che cesserà di essere prodotto solo negli anni 50 del 1900.

Pare di essere agli albori, la progenitrice, l’immagine potrebbe essere stata già “ datata “ al tempo della pubblicaziona ma già nel testo compaiono, quasi un modernissimo manuale, comparazioni con altre di diversi progettisti e costruttori;

cito alcuni passaggi……

“ non parleremo della locomotiva Boydel che mentre cammina pone davanti a se stessa le sue rotaie senza fine”…..( ed ecco descritto una sorta di " precursore" del trattore a cingoli anche se il sistema non era certo quello quale ora siamo abituati a vedere; attorno alle singole ruote erano incernierati 6 elementi piani, basculanti, ed eran questi che andavano in aderenza, in soluzione di continuità sul terreno; siamo nel 1856/1857)

“ né del sistema Bray in cui i cerchioni delle ruote sono lisci ma provveduti di denti che un meccanismo fa sporger fuori a guisa d’artigli” ( e qui i ramponi ).

Perché comunque in alcuni paesi subito diventa attrezzo relativamente comune mentre in altri la sua propagazione

procede più lentamente?

Tra i primi fattori sicuramente la morfologia del territorio più o meno adatta all’uso della macchina, la presenza di appezzamenti estesi contro la frammentazione poderale, il costo e la disponibilità del combustile e non ultimo, vedi tabella, il costo della locomotiva stessa.

In questa epoca un bracciante agricolo per una giornata lavorativa che certo non era di 8 ore, percepiva giornaliera paga aggirantesi se non di poco superiore ad 1 lira.

Modificato da Junker
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Se si confronta la diaria bracciantile al costo della macchina, e senza tener conto poi che essa necessitava di conduttore specializzato e di combustibile, palese appare l’ingentissimo prezzo.

( significativa è anche la datazione delle prime locomobili acquisite dal Regio Esercito Italiano; esse furono incorporate in via sperimentale nel decennio 1873/1883; fabbricazione Aveling & Porter e Fowler. Sempre nei primi anni 70 di questo secolo nella campagna Romana si effettuarono, sponsorizzati dal Ministero dell'Agricoltura i primi dissodamenti sperimentali )

Vero che abbiamo preso a raffronto solo il costo di un bracciante e non la spesa occorrente per una giornata lavorativa di un paio di buoi o di cavalli da tiro e che la macchina sicuramente avrebbe eseguito giornalmente maggior mole di lavoro ma comunque, salvo particolari realtà, il costo è pressoché proibitivo.

E difatti tra i primi acquirenti sicuramente compaiono solamente grandi possidenti terrieri e consorzi, leghe od associazioni.

Costo poi della macchina sola, senza quello del trasporto al luogo di destinazione e di veruna attrezzatura da applicare ad essa.

E che era necessariamente obbligo acquisire.

Quella presente nel “ parco macchine “ delle aziende dell’epoca non poteva venir in alcun modo azionata dal nuovo propulsore; ne era occorrente l’acquisto ex novo.

Non si è di fronte alla situazione verificatasi dalla prima metà del 1900 in avanti quando, a fronte dell’ acquisto di un trattore a motore endotermico, fatti salvi solo alcuni apparati, ogni macchinario azionato precedentemente dal vapore e pure tantissimi nati e concepiti per trazione animale ma costruiti dalla fine 800 in avanti poterono venir riciclati al nuovo propulsore ed essere compatibili con le sue caratteristiche.

Senza parlare delle trebbiatrici che potevano venir azionate anche da motore elettrico ai primi trattori a scoppio o diesel, pur se di ripiego sì ma comunque fruibili, furono fatti movimentare svariati attrezzi che già erano in possesso del conduttore.

Con l’aggettivo “ comune “ quindi sopra stiamo ad indicare che se in alcune nazioni la trazione meccanica degli attrezzi di lavoro diventa prassi abbastanza consolidata , ogni rivista , gazzetta, o comunque qualsiasi pubblicazione in ogni lingua edita ed inerente all’agricoltura diffonde la conoscenza dei nuovo apparati

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e più o meno ogni stato ha , su licenza o di propria concezione, fabbriche che producono locomobili, per i citati motivi, assolutamente non tutti i coltivatori ne possono fruire.

Praticamente era conoscenza comune la esistenza in commercio di mezzi e non sogni in grado di alleviare la fatica dell’uomo e di poter abbandonare la trazione fornita dalla forza degli animali ma

per giungere al generale impiego di essi nei paesi occidentali si dovrà aspettare circa un secolo.

Solo nei 2 decenni immediatamente consecutivi alla IIa guerra mondiale la trazione meccanica porterà all’abbandono pressoché totale di quella animale.

Tornando alla fine dell’800 si vede che l’uso di apparati a vapore in Italia si affermano fortemente ed in maniera esponenziale nell’industria e nei trasporti.

In agricoltura invece, vuoi come detto per il suo alto costo, vuoi per la composizione orografica del nostro paese sicuramente in buona parte non atta nel suo contesto generale all’impiego di pesanti locomotive, essa segna il passo.

Solo in un specifica incombenza essa si afferma maggiormente; l’azionamento delle trebbiatrici e relative pressa paglia od imballatrici che dir si voglia.

Anche qui in ogni caso bisogna far distinguo;

Nelle regioni a conformazione maggiormente pianeggiante se ne impiegano di semoventi ed in grado pure di trainare la macchina trebbiatrice ma in massima parte il parco macchine è composto di motori a vapore carrellati che è necessario rimorchiare a traino animale da un luogo all’altro.

La loco semovente , molto più costosa,vero e proprio "trattore" poteva ovviamente, oltre ad azionare tramite cinghia apparati a piazza fissa, dar moto ad aratri, epici od altri attrezzi di coltura o per diretto agganciamento

o tramite argano ad essa applicata per azionamento tramite funi d’acciaio ; in questo ultimo caso operando in tandem o se da sola con l’ausilio di carro rimando e/o sistemi di pulegge.

Il metodo di funzionamento ad aratura funcolare nei vari sistemi e brevetti ( i più addotatti; Fowler, Howard etc. pur se pare assegnarsi la primogenitura dell'applicazione, 1837. a Heatcoat con l'aratro poi divenuto di uso praticamente universale di Pratt) era pressoché cosi’ configurato :

In tandem con un'altra similare situata in parallelo all’estremità opposta del campo:

Con un aratro a bilanciere , munito cioè di ruote centrali e con vomeri contrapposti; posizionato l’aratro alla margine del campo, stesa la fune una loco iniziava a trainarlo verso di se, il vomero/i volto in direzione della marcia si innalzava ed il contrapposto andava a mordere il terreno ed eseguiva il lavoro di aratura.

L’altra macchina liberato l’argano dava corda.

Giunto l’aratro al termine del campo a ridosso della macchina che l’aveva trainato , l’altra macchina lo richiamava a verso di se. I vomeri che avevano operato si innalzavano ed andavano ad agire gli opposti.

E cosi, alternativamente, avanzando sul ciglio del campo spazio pari alla larghezza del solco eseguito, le due macchine procedevano nell’aratura dell’ appezzamento.

 

 

Con una locomobile sola e carro di rimando invece la fune della motrice era disposta non a semplice ma a doppio effetto; girando la corda in folle sulla puleggia del carro era l’unica motrice che azionando l’argano ora per un senso ora per l’altro faceva compiere all’aratro i movimenti in modo alternato per eseguire il lavoro.

Lo spostamento progressivo del carro di rimando per rimanere in allineamento con la motrice era dato o da trazione animale o da dispositivo sfruttante la forza della corda transitante sulla puleggia;

a dato momento questa veniva resa solidale con la puleggia e l’albero di essa con apposito treno di ingranaggi dava alle ruote impulso per percorrere il necessario movimento.

Da ultimo i sistemi più complessi nelle loro varie tipologie;

Sempre ad unica macchina dispensatrice di forza al cavo e posizionata ad un capo del perimetro dell'appezzamento da coltivare come così disposte attorno ad esso erano le pulegge e/o carri di rimando per tenere in assetto la corda in acciaio che muoveva l'attrezzo.

Aratro od erpici erano quasi sempre ed in tutti i metodi a bilanciere; di converso, se costruiti per funzionamento ad unica direzione utile, ad ogni passaggio dovevano venir fatti opportunamente girare.

Anche per la non semovente carellata erano in commercio apparati utili a renderla atta a trasformare la sua forza in traente; occorreva però un ulteriore apparato da collegarle; un carro argano che veniva ad essa reso solidale. Applicato alla locomobile e da esso traente forza l’argano di questo carro aveva funzioni equivalenti a quella della semovente.

Con apposito comando avevano anche funzione di necessaria traslazione dell’apparato tutto per lo spazio della striscia di terreno lavorato.

 

 

Gli accorgimenti per la sicurezza nei metodi fino ad ora esaminati.

Esclusa ovviamente la trazione per diretto agganciamento, dove gli operatori della macchina di coltura erano a diretto, visivo e pronto contatto con il macchinista della traente e viceversa, negli altri metodi l’ addetto/i conducente l’attrezzo/i operante in campo per comunicare avaria od altro e richiedere il fermo trazione od altra manovra avevano a disposizione una bandiera che facevano sventolare all’occorrenza.

Se le loco erano in tandem era sufficiente che i segnali fossero visualizzati dal macchinista di quella che al momento filava cavo a folle dato che immediatamente con il fischio a vapore segnalava all’altra macchina che al momento poteva essere ben distante quanto necessario secondo un prestabilito codice sonoro.

Qui lo ascoltiamo, in fase operativa normale e non di emergenza:

Due fischi corti e consecutivi indicano alla opposta loco di dar avvio della trazione; uno prolungato invece il fermo macchina immediato.

Sugli ultimi aratri costruiti per trazione funicolare ed atti al dissodare il terreno a profondità superiore ai 2 metri gli operatori dell’aratro avevano in dotazione invece non più la classica bandiera ma un sorta di “telegrafo ottico“ per richiedere ai macchinisti le convenienti manovre.

Dal filmato inserito in una pagina del sito web di questo interessantissimo museo possiamo osservare gli addetti a questo attrezzo, probabilmente il più grande aratro mai costruito, che segnalavano, durante operazione di coltura, agli operatori delle loco le varie manovre necessarie per rimettere in assetto l'aratro; fermo macchina, richiesta a chi al momento filava cavo a folle di richiamare verso se l'aratro e ripresa di traino nella direzione operativa.

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A queste tipologie va aggiunta un'altra macchina che si svilupperà molto più comunemente con l’adozione dei motori a scoppio; la motoaratrice.

Ideata e costruita, salvo rare eccezioni, solo ed esclusivamente per i lavori di dissodamento.

I vomeri non vengono da essa trainati ma sono ma parte costitutiva della medesima.

 

Abbiamo poi, come nell’attuale, che le varie fabbriche e progettisti alla continua, naturale ricerca del “ miglior congegno” a volte escono dai canoni di concezione “standard” e costruiscono apparati diversamente impostati.

Uno per tutti, la impostazione dell’argano alla locomobile non come il classico dispositivo applicato in assetto orizzontale sotto la caldaia ma costruito a forma di tamburo avvolgente tutto l’avancorpo della macchina.

Resta comunque il fatto che l’applicazione “ classica” sarà quella che rimarrà in assoluto come modello di riferimento e dalle macchine 800sche sino alle ultime degli anni 50, pur con tutti gli aggiornamenti volti alla miglior resa ed altro che dir si voglia, rimarrà pressoché simile nell’aspetto visivo d’assieme.

Ora, come detto, se alla svolta del secolo in Italia l’uso del motore a vapore si stava sempre più affermando nell’azionamento delle trebbiatrici mentre procedeva a rilento nella trazione meccanica degli attrezzi agricoli, c’è da segnalare anche un altro aspetto ad esso inerente.

Spesso, come già successo in altri paesi e fenomeno che avrà proseguio ante esaurirsi anche nei decenni a venire “ la macchina “, frutto della rivoluzione industriale , va in conflitto con la classe bracciantile.

Sia in agricoltura che in altri settori il fenomeno non fu di poco conto e spesso fu anche causa di gravi disordini; se nell’agricoltura erano i braccianti a venir esautorati, erano nella Industria, si pensi al tessile, gli operai, nei trasporti i conducenti e così via.

La fabbricazione dei nuovi apparati richiedeva sì forza lavoratrice ma non certamente in misura pari a quanto le nuove attrezzature, una volta operanti , facevano diminuire la richiesta di mano d’opera nel campo ove da secoli aveva operato.

 

E non necessariamente causa poi fu la macchina trainata meccanicamente; anche una semplice falciatrice a trazione animale “ toglieva pane” alle squadre di lavoranti che prima, non essendo i conduttori del fondo in grado di svolger autonomamente tale incombenza, avevano questa possibilità d’impiego.

Pensiamo alla sola mietitura; nel nostro paese ed ove ancora la " macchina " non era arrivata sino all'ultimo dopoguerra venivano utilizzate e retribuite le " opere ".

Vero che i conduttori dei fondi attigui si ricambiavano a vicenda giornate lavorative ma essendo da eseguire questa specifica lavorazione in un circoscritto, breve lasso di tempo era necessario ricorrere ai braccianti ( ed in questa fase operativa larghissimo impiego trovavan anche le donne).

A mano il mietitore falciava a manciate il frumento e lo depositava sul terreno; seguivan poi coloro che lo sistemavano in manipoli ( o cove) le quali eran poi da altro personale legate ( o con corde ma in maggioranza con appositi lacci composti pure questi manualmente da steli di grano). Poi o si erigessero o meno biche provvisorie

nel campo con i fascetti legati , il tutto era comunque da trasportare nel sito ove si sarebbe installata la trebbiatrice.

Bastava che il proprietario od un contoterzista del luogo si munisse di una di queste mietitrici...

e si palesa immediatamente quanta mano d'opera non trovava più impiego.

 

Con l’inizio del secolo XIX si affaccia sulla scena anche il motore endotermico.

 

I primi vennero applicati su supporti di concezione identica a quelli che avevan portato il motore a vapore; o carri ruotati

o locomobili,

al posto della propulsione a vapore si iniziò ad installare la nuova motorizzazione.

 

Ma fu la prima guerra mondiale a dare energico sviluppo a questo nuovo tipo di motore; dalle auto ai camion , dalle moto alle trattrici, ormai tutto veniva azionato dal motore a scoppio e i telai erano costruiti specificatamente per questo tipo di propulsore.

E dal I° dopoguerra in avanti , sia per l’Agricoltura che per le altre realtà, fu un continuo susseguirsi di innovazioni.

Il sistema di propulsione a vapore non sparì comunque immediatamente.

Nè dai "cataloghi" delle fabbriche nè dal campo, vuoi ovviamente perchè gli esemplari sino allora prodotti erano ancora pienamente operativi.

E massimo per i lavori gravosi ed ove erano richieste forti potenze, si pensi ai lavori di bonifica, essa continuò ancora per qualche tempo la sua storia.

Storia che ebbe ulteriore sussulto in positivo al tempo delle autarchie; in tempo di guerra o particolari congiunture, potendo questo motore venir alimentato, pur se con minor resa rispetto al deputato Coke, anche da combustibili di facile rinvenimento.

Sempre all'incirca in questo contesto temporaneo troviamo pure addottato su svariati trattori a motore endotermico un apparecchio, il gassogeno, che consentiva , con il gas da esso prodotto sfruttando carboni o ligniti quando non la semplice legna , di alimentare il mezzo in sostituzione del carburante liquido tradizionale.

Ed anche il motore elettrico, posizionato o semplicemente su carrello, in applicazione a carri/argano per la trazione funicolare di aratri, o per direttamente azionare le trattrici aveva i suoi seguaci in campo agricolo.

 

Negli anni 30 iniziò ad affiancarsi al motore a ciclo Otto anche quello a ciclo Diesel:

Comune poi nella trazione agricola e soprattutto in Europa fu anche l’adozione del propulsore impropriamente comunemente chiamato semi-diesel ; il motore a testa calda o meglio a Ciclo Sabathé.

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L’avvento della “motorizzazione” ante a vapore ed a seguire nelle varie tipologie endotermiche ed elettrica nell’ Agricoltura consegue poi un altro risultato;

Grazie all’energia fornita dalle nuove ideazioni ora è possibile, dopo secoli, di mettere a frutto terreni totalmente improduttivi o di scarsissimo reddito; grazie ad esse abbiamo infatti, e massimo nel secolo scorso, una vera e propria “corsa” alla Bonifica.

Da sempre la ricerca di più ampie estensioni di terreno lavorativo è stato punto fisso nelle idee dell’uomo ed in particolar modo nei paesi ad alto rapporto popolazione/superfice ma , fino all’epoca che stiamo trattando, i metodi con i quali affrontare le necessarie opere erano pressoché rimaste immutate dall’antichità.

Senza davvero nulla togliere all’ingegno dei predecessori ed ai loro ricorrenti nuovi studi sviluppatisi con il trascorrere dei secoli non molto davvero era cambiato.

I progetti di canalizzazioni, colmate ed altro, pur sempre più ponderati e messi in pratica dovevano sempre e comunque sottostare alle leggi della fisica.

Per prosciugare una plaga necessariamente era condizione che per gravità le acque in esse ristagnanti potessero venir condotte a scolo.

Se vogliamo trovare una “macchina” atta all’utilizzo nella bonifica e non mossa dagli uomini o dagli animali abbiamo per il passato solo il mulino a vento che sfruttando l’energia eolica operava come idrovora ante litteram.

Ma ora cambia tutto; pur se nei primi periodi l’opera dei macchinari si affiancava all’opera manuale

gradatamente questa ultima si trasforma nella sola conduzione degli apparati; vanga, carriola, tombolo e badile, gli arnesi propri del lavorante, vanno gradualmente in pensione.

Idrovore mosse meccanicamente scolano le acque reflue che i canali costruiti con l’ausilio delle draghe ad esse vengono addotte, vagoni e carri trainati meccanicamente colmano le bassure, grandi aratri incidono i terreni fino ad allora vergini.

Il paesaggio si trasforma in alcune zone davvero radicalmente e rapidamente nelle zone di bonifica a conseguenza di imponenti lavori.

In altre parti d’Italia, e fenomeno questo più circoscritto negli ultimi decenni del 900, si assiste pure ad un altro cambiamento d’aspetto generale.

Questo ultimo mutamento paesaggistico non è invece dovuto a pesanti impatti sulla morfologia del suolo che sostanzialmente non subisce modifiche ma di ordine pratico; l’uso ormai pressoché generale di attrezzi a trazione meccanica non praticamente vuole e non economicamente può permettersi impedimenti .

E quindi la vista del susseguirsi di campi separati da ordini composti da alberi da frutto, aceri, olmi e gelsi posti a sostegno di filari di viti spesso scompare sostituita da quella del campo aperto.

Le viti troveranno razionale alloggio nelle vigne ed anche per esse si svilupperanno sempre più pratiche apparecchiature per la loro coltura; idem per gli alberi da frutto che verranno concentrati in mirati appezzamenti; gli olmi, con le loro foglie usate anche per alimento agli armenti , i gelsi, deputati alla sericoltura, e gli aceri andranno in declino.

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In questa breve panoramica rimane forse opportuno fare, a grandi linee e senza scendere ad esaminare i brevetti che ebbero scarso rilievo, una cronologia del tipo

d' allestimento delle macchine in grado di trainare direttamente le attrezzature agricole .

 

Per tutto l'800 l'avanzamento del mezzo era dato dalle ruote posteriori; l'avantreno era configurato in massima parte a due ruote ma in alcuni casi anche a ruota singola;

 

Ruota singola che ritroviamo a direttrice , albori del 900 anche dei primi cingolati:

 

 

ma destinata a presto scomparire per l'applicazione in larghissima scala della sterzatura integrale tramite azione di distacco moto e frenata a determinato cingolo.

Metodo che giunge , ovviamente con molteplici migliorie come servocomandi e quanto altro, sino ai giorni nostri.

 

Invece sui ruotati i progettisti si applicheranno fortemente per lo sviluppo di sistemi che consentano la trazione integrale;

Se in Italia la Pavesi sarà antesignana, ogni Nazione comunque svilupperà i suoi progetti; qui vediamo non un mezzo specifico per l'agricoltura ma

 

sappiamo benissimo che una volta messa a punto e collaudata un invenzione poi le applicazioni si allargano ad ampio spettro.

Passeranno ancora anni e anni prima dell'uso generalizzato in agricoltura , ma le basi erano state gettate.

Ulteriore innovazione nei trattori agricoli fu, dai primi anni 30, l'applicazione del pneumatico.

L'Allis Chalmers Modello U si annovera quale primo trattore che poteva venir fornito con pneu a bassa pressione.

Pure il pneumatico conviverà per qualche tempo a fianco della ruota integralmente metallica o cerchiata in gomma piena prima di soppiantarla completamente.

Modificato da Junker
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  • 4 mesi dopo...

Aggiungo alcune immagini che mostrano come il vapore no fu solo usato per per la famosa aratura funicolare, ma anche per altre "bizzarre" applicazioni. In particolare la 5° foto è qualcosa di spettacolare.

Si va da alcune locomobili - fresatrici - vangatrici, non saprei come definirle, a veri e propri coltivatori da utilizzare in sostituzione dell'aratro a bilenciere.

 

Ora dato che qua c'è chi potrebbe scrivere pagine e pagine in merito chiedo: quanto erano diffuse queste applicazioni ? Sono solo "esercizi" di qualche inventivo costruttore o trovavano effettivamente uso ? E mi riferisco soprattutto alle "fresatrici".

Vi è stata diffusione anche in italia ?

 

t9020_steam6.jpgt9019_steam5.jpgt9018_steam4.jpg

t9017_steam3.jpgt9016_steam2.jpgt9015_steam1.jpg

 

Mi scuso per la qualità delle scansioni, ma il libro dal quale sono tratte le foto, è abbastanza grande, e lo scanner invece...

 

In rete ho trovato, per ora, solo questo video. Ne deduco che la cosa dev'essere abbastanza rara.

 

YouTube - Steam Engine Ploughing 1944

Modificato da Mapomac
Questo è il video giusto !
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Se è rivolto a me...che potrei scrivere pagine e pagine...troppo onore, Mapo.

Al massimo poche righe.

I vecchi cataloghi Americani e Britannici non mancano mai di illustrare congegni particolari che potevano venire addattati alle loro locomobili .

In Europa continentale sicuramente il più noto per l'invenzione e l'applicazione presso le officine Ganz in Ungheria di una fresa azionata da loco a vapore è l'ingegnere Bavarese Andras Mechwart

http://www.mszh.hu/English/feltalalok/mechwart.html

suo è il brevetto che assieme ad altri qui compare

Bungartz.nl

In italia sono comparsi?

Bella domanda ma..di difficile risposta; potrebbero essere stati testati ( del resto all' epoca ancora parte dell'Italia settentrionale era sotto il medesimo Dominio) e magari traccia potrà saltar fuori, sopratutto consultando i coevi svariati bollettini dei "comizi agrari", esposizioni e fiere.

Esulando dall'agricoltura di produzione nazionale abbiamo di certo anche nei nostri macchinari l'adozione dello scarificatore ; i rulli a vapore ne erano in buona parte dotati.

poi...le curiosità apparse in merito alle applicazioni a macchine a vapore,

TWO STEAM TRACTION ENGINES DRAWING BOTH CULTIVATOR AND DELVER TO MAKE IRRIGATION CHANNELS. THE WORKERS ARE BEING WATCHED BY THREE PEOPLE SITTING IN HORSE-DRAWN GIGS.

cannoni compresi non mancano mai...

Winans Steam Gun

http://www.webbgarrison.com/thesoldierfull/67steamgun.jpg

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  • 11 mesi dopo...

Junker dopo aver letto dalla prima all'ultima riga questa tua esposizione non posso che dirti:

Complimeni davvero!! ottima la stesura e dettagliate le spiegazioni supportate poi da immagini video che rendono davvero l'idea di quel che scrivi!

Davvero complimenti mi sono fatto una cultura!

Grazie!

P.S nel il link di quel sito tedesco, dove parli dell'aratro che faceva due metri di profondità... non riesco a vedere il video! Help!.

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Complimenti per l'esposizione dettagliata e precisa bellisimo lavoro.

Una domanda sento spesso da mio suocero (70 anni) che i primi dissodamenti profondi dopo la bonifica della mia zona (MAREMMA) quindi negli anni 50 venivano fatti da grandi macchine con aratri a fune chiamate un pò da tutti gli anziani della zona 'FULLERE, è un nome dialettale o deriva da qualche storpiatura di qualche marchio?

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Ragazzi, grazie dei complimenti ma davvero nulla di che;

Cigua....ora pure io non riesco a visualizzare il video; le foto si, ove si vede l'aratro con il cingolo fuori solco e la ruota entro; le motrici invece erano della fabbrica di queste......

Ottomeyer "Küstrin"

Galerie - Dampfkultur

con cerchi maggiorati per maggior stabilità ed ad ogni lato del campo ve ne erano applicate due in tandem azionanti unitamente il cavo dell'assolcatore; 4 macchine, 8 macchinisti e fuochisti e due addetti all'aratro oltre al personale logistico.

Invece RossoRiccardo la parola che citi è un poco sulla falsariga della parola " Milot".

Con tal termine in parecchie zone venivano designati gli aratri in ferro, di qualsiasi marca essi fossero, il tutto perchè abbastanza comuni erano i Melotte di fabbricazione Francese; da questi si estese la designazione a tutti gli altri.

Il sistema brevettato di aratura " Fowler" fu Italianizzato e/o modificato sulla stessa falsariga.

 

Ps....se non vado errato poi, RossoRiccardo, la maggioranza delle bonifiche della tua zona fu eseguita dalla ONC; e questa, pur con sistema funicolare Fowler aveva in dotazione in maggior parte macchianario a vapore Kemna.

http://www.stoomwerktuigen.nl/steamengines/kemna/Geschiedenis.htm

Modificato da Junker
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Peccato per il video doveva essere molto interessante, comunque il sistema di aratura funicolare so che venne applicato anche ai trattori, però con scarsa diffusione rispetto a quella che si ebbe sulle macchine a vapore.

So di argani montati ad esempio nel sottopancia dei superlandini per arare nelle risaie, però non ho soltanto sentito parlare.. di visti dal vero mai..

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Vero, Cigua, pure sui trattori endotermici oltre che sul vapore ed apparati elettromeccanici vennero applicati argani per l'aratura funicolare.

http://www.tractorum.it/forum/3813-post1.html

in questa esposizione di Filippo, troverai una, assolutamente Italianissima in ogni suo componente, Pavesi dotata di argano .

E, non so se sei un frequentatore di mercatini/mostre scambio ma se lo sei probabilmente quelli ove io mi reco pure tu li frequenti, addirittura è facile vedere in essi proposti delle pulegge di rinvio incastellate su basi piatte, il tutto ligneo con applicati due ancorotti in ferro battuto.

Sono i " rinvii " delle seminatrici ed erpici a trazione animale diretta; in essi si svolgeva il canapo che dava moto all'attrezzo, canapo che veniva agganciato al giogo dei bovini od al traino dei cavalli.

Quando i terreni erano umidi e gli animali avrebbero stentato ad operare e trainare in campo venivano installate queste pulegge e così gli animali " forza motrice" venivan fatti operare sulle sode ed asciutte capezzagne ( i "cavdel") ai lati dell'appezzamento.

Modificato da Junker
bestialtà ortografica
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Si ho presente le pulegge di cui parli ne ho viste diverse in vendita ai mercatini.. io stesso posseggo 2 ancore in ferro che servivano appunto ad ancorare queste "puleggie" di rinvio alla cavedagna.

Sarebbe bello vedere questo tipo di sistemi di lavorazione nelle manifestazioni di trattori d'epoca.. in alternativa alla solita aratura, penso che attirerebbero molto il pubblico, inoltre sarebbero anche interessanti da osservare.

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  • 3 anni dopo...

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